Tutta la Giunta Comunale di Crotone «respinge con determinazione i contenuti della mozione approvata lo scorso 2 dicembre in merito al disegno di legge Zan. Lo facciamo con convinzione e consapevolezza. La mozione investe – artatamente - quando inammissibilmente – la Giunta, che in sede di Consiglio Comunale, non ha potuto esprimere il proprio parere su un testo che non solo non è condivisibile ma che non rispecchia assolutamente il nostro pensiero e che in nessun modo, riteniamo, rispecchi la volontà della stragrande maggioranza dei crotonesi. Una città inclusiva, accogliente, tollerante che, come recita l’articolo 1 dello Statuto comunale, “ispira la propria azione al principio di solidarietà operando per affermare i diritti dei cittadini, per il superamento degli squilibri economici, sociali, civili e culturali, e per la piena attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità sociale dei cittadini, dei sessi, e per il completo sviluppo della persona umana”. Quegli stessi principi che il disegno di legge Zan in molte sue parti tende a realizzare». La Giunta inoltre raccoglie e fa sue «molte delle critiche giustamente rivolte dai cittadini all’esito delle deliberazione e ci dissociamo dai contenuti del provvedimento. Prendiamo atto, come correttezza istituzionale vuole, della decisione del Consiglio Comunale – ottenuta con il voto favorevole di dodici consiglieri comunali su trentadue – ma allo stesso tempo, il rispetto istituzionale non ci può obbligare a fare nostro un pensiero che non ci appartiene e allo stesso tempo non appartiene alla città. Quello stesso rispetto istituzionale che ci impone di rivendicare l’impossibilità di eseguire una delibera dal testo giuridicamente invalido, compulsato da un potere di iniziativa insussistente su materia che travalica le competenze istituzionali del Consiglio Comunale e che pretende – con strumentale (quanto incomprensibile) tecnica di redazione – di “impegnare la volontà della giunta a manifestare la propria contrarietà al disegno di legge”, come se una delibera di Consiglio Comunale potesse coartare il principio di autodeterminazione su una questione che è esclusivamente affidata alla coscienza individuale di ciascuno nel momento in cui va oltre le competenze degli organi amministrativi di un Comune».