In guerra e in amore tutto è possibile: così recita un antico brocardo. E noi aggiungiamo anche in politica. Perché la necessità di raggiungere il risultato finale della agognata elezione, induce i candidati a cambiar linea e a stringere alleanze fino a poche settimane fa assolutamente improbabili. La logica della politica è uguale a quella del calcio - l’equazione può apparire banale ma è calzante -: ha ragione solo chi vince. E in ragione di una raggiungibile vittoria i nemici di ieri possono trasformarsi negli amici di oggi dimenticando scontri furibondi, polemiche al fulmicotone e contrasti insanabili. Non solo: il desiderio di ottenere un seggio provoca pure singolari transumanze - come in montagna avviene con le mandrie - con singoli aspiranti consiglieri che si trasferiscono, con i gruppi a loro sostegno, da un’area politica all’altra. Nell’antica commedia dell’arte verrebbero letterariamente indicati come “saltimbanchi” oggi, invece, vengono più banalmente indicati come “trasformisti”. Nei loro salti da uno schieramento all’altro non v’è tuttavia nulla di artistico ma semplicemente una conveniente e pragmatica mozione opportunistica. «Solo gli sciocchi non cambiano idea» sottolineava il poeta americano James Lowell: giusto. La cosa davvero singolare è che con i “trasformisti” cambiano fronte pure gli elettori, capaci di votare questi “acrobati” della politica sia quando sono a sinistra che quando si spostano repentinamente a destra. Un “mistero buffo” chioserebbe Dario Fo.