Le ali tarpate. E il silenzioso “gioco” messo in piedi per disegnare confini politici e amministrativi precisi e non oltrepassabili. Un’azione lenta e costante di ridimensionamento e demansionamento. Maria Pia Funaro racconta dei suoi “giorni terribili” - viene in mente Lev Tolstoj - vissuti nel Partito democratico e tra le poltrone della giunta di Palazzo dei Bruzi. L’ex vicesindaco lancia strali a Caruso e non risparmia Nicola Adamo e Enza Bruno Bossio indicandoli quasi come i “grandi vecchi” da sempre assisi sulle colline della città bruzia e tra le stanze ovattate del partito. Parole forti non frutto di delusione e rabbia per la defenestrazione, ma ponderate dal filo del ragionamento. Un ragionamento cominciato all’indomani della “cacciata” dal Comune.
Cominciamo dalla comunicazione. «La pec arrivata ha confermato quanto già si sapeva, la volontà di allontanarmi era chiara. E’ stata costruita a tavolino, qualcuno l’ha definita una decisione politica perfetta», spiega Maria Pia Funaro. E aggiunge: «Dall’ufficio comunale ricevo una telefonata che mi annuncia il provvedimento e alle 12.16 ricevo la comunicazione a mezzo Pec: la revoca “perché la mia presenza non assicurava l’efficienza del programma politico della giunta“. Sono stata trattata come se fossi una perfetta estranea, come se non fossi rappresentativa di una parte della società».
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