Giacomo Mancini, deputato per due legislature, assessore regionale, consigliere comunale e provinciale, già candidato a sindaco della città, è il continuatore d’una lunga tradizione politica familiare. Il dibattito sulla fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero e l’approvazione della relativa legge proposta dal Pd (partito al quale è iscritto) non può, dunque, non coinvolgerlo. Mancini che idea s’è fatto sulla Città unica e sulla legge approvata dal consiglio regionale? «Il pronunciamento del popolo è la massima espressione della vita democratica. Ecco perché reputo la possibile celebrazione del referendum sulla città unica, l’unico passaggio convincente in un percorso legislativo che fa acqua da tutte le parti. Quando a parlare saranno i cittadini bisognerà rispettarne il volere. Il giudizio del popolo dovrà essere definitivo. Inutile girarci intorno e andare a trovare cavilli: se dovessero prevalere i “Si” sia a Cosenza che a Rende che a Castrolibero sarà opportuno andare avanti in maniera celere. Anche più celere di quella ipotizzata dal consiglio regionale. Se invece anche in un solo comune dovessero prevalere i “No” sarà giusto espungere quel comune dal progetto di fusione o anche fermarlo definitivamente». Ma il progetto di fusione, l’idea di mettere insieme le tre città, la convince? «Occorre guardare in prospettiva una città con più abitanti, con più risorse, con un territorio più amplio potrà attrarre maggiori investimenti, maggiori capitali e potrà esercitare una leadership in Calabria e nel Mezzogiorno e attraverso di essa garantire maggiori opportunità ad ognuno dei suoi cittadini ad iniziare da quelli più deboli. Le critiche nei confronti del testo della proposta, non devono riguardare l’idea di città unica sulla quale siamo favorevoli. Convintamente favorevoli. Del resto la battaglia per superare i municipalismi e per programmare uno sviluppo sovracomunale dell’intera area urbana cosentina è stata sempre ad appannaggio del socialismo e del riformismo cosentino e rendese. Il punto più alto di collaborazione nell’area urbana porta la firma di due sindaci illuminati come Giacomo Mancini e Sandro Principe. Nelle stagioni successive la collaborazione si è molto affievolita privando la comunità di un disegno di sviluppo organico. Se pensiamo, per esempio, che ognuna delle città sta definendo un proprio Psc (piano di sviluppo comunale) senza riflettere su come sarebbe importante, anzi, fondamentale, avviare una riflessione polifonica sul Psa (piano di sviluppo associato) comprendiamo quanto tempo si sta perdendo». Proprio l’ex sindaco di Rende, Sandro Principe, è stato durissimo contro i promotori della Legge: lei è d’accordo con lui? «Ho letto con interesse quanto affermato dall’onorevole Principe alla Gazzetta. Alcune critiche sul merito del testo in discussione in consiglio regionale mi convincono. E dal suo punto di vista fa bene ad esprimerle, anche perché così facendo ha visto riconosciuta da un campo di forza molto amplio la sua leadership su Rende. Purtuttavia, mi ripeto, l’idea di una città unica appartiene al nostro campo e dobbiamo essere capaci di non farci scippare la bandiera. Ed è proprio su questo punto che sono evidenti gli errori di Cosenza». Il primo cittadino del capoluogo bruzio, Franz Caruso, dunque sbaglia strada nell’avversare il progetto? «Una leadership che fosse stata forte, credibile e autorevole a Cosenza avrebbe guidato il percorso. Non si sarebbe arroccata su un “no” che sembra essere esclusivamente a difesa della propria poltrona. Al contrario avrebbe giocato a tutto campo interloquendo con i promotori della proposta, migliorandone i contenuti, dialogando con Rende e Castrolibero per superarne le resistenze. Insomma se ci fosse stata una leadership a Cosenza avrebbe fatto capire a tutti come i vantaggi per i cittadini sarebbero notevoli in termini di servizi e di opportunità. E invece nulla di tutto ciò, solo un arroccamento inutile e dannoso». E invece rispetto al Pd, alla iniziativa assunta da Bevacqua che ha proposto con successo la Legge istitutiva, qual è la sua posizione? «È stato giusto pretendere la celebrazione del referendum, e su questo occorre dare atto e anche merito alla delegazione del Pd in consiglio regionale che ha indotto il centrodestra ad una riflessione e ad una convergenza pressoché unanime. Purtuttavia rimangono sul tappeto tante cose poco chiare che fanno sembrare il tutto una grande recita. Se si va a leggere la risoluzione del consiglio regionale si apprende che i costi per la celebrazione del referendum (che non credo saranno irrisori) dovranno essere anticipati dai comuni e poi o successivamente rimborsati dalla Regione che però non ha indicato con legge la posta di bilancio dalla quale attingere tali risorse. Insomma un ulteriore guazzabuglio che se ne aggiunge ai tanti che contraddistinguono questo percorso. Il rischio vero è quello che la città unica sia un tema sul quale ci si limiti a parlare, senza alcun passo concreto. Come del resto sta già avvenendo per la costruzione del nuovo ospedale».