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Il dirigente Guccione fa autocritica: «Dem, è tempo di svegliarsi. La Calabria ha bisogno delle nostre proposte»

Non è solo una sconfitta numerica, quella del centrosinistra alle regionali calabresi. È una faglia che attraversa proposte e radicamento. Carlo Guccione, figura storica del Pd calabrese ed attuale esponente del “nazionale”, analizza il voto senza scorciatoie: tra territori dimenticati, candidature calate dall’alto e un’opposizione incapace di farsi progetto, il rischio non è solo perdere le elezioni, ma perdere il senso di appartenenza.

«Faccio parlare i numeri. Dopo che si sono espressi i cittadini nel voto è giusto che si parta dalle cifre. Circoscrizione Nord: Occhiuto 154.075, Tridico 140.657. Cioé: Tridico ha chiuso con un gap di 13.488 voti. Circoscrizione Centro: Occhiuto 156.474, Tridico 116.706. Occhiuto vince con 39.773 consensi in più. Circoscrizione Sud: Occhiuto 143.772, Tridico 73.450. Una differenza a favore di Occhiuto di 69.922 preferenze. Il dato che emerge è che ci sono più Calabrie. Anche nell’espressione del voto.

Nel Cosentino, la provincia di Occhiuto, il centrodestra vince con uno scarto minimo. Qui, forse, è mancato l’impegno di qualche sindaco del centrosinistra, visti i risultati negativi nei propri comuni. Ma a Sud e nel Centro, il centrodestra ha dominato. Addirittura, nel Reggino ha ottenuto quasi il doppio dei consensi. E qui emerge un grande problema: il radicamento, la credibilità e la proposta politica “ondivaga”. Ho avuto l’impressione che si cercasse di imitare e di rincorrere il centrodestra ma, come spesso è avvenuto in passato, gli elettori hanno preferito la copia originale, rispetto all’imitazione».

La candidatura di Pasquale Tridico è stata il tentativo di portare alla guida della Regione una figura autorevole, un profilo tecnico di qualità ma anche un personaggio esterno al tessuto regionale del partito. Rifareste quella stessa scelta oggi? A giudicare dall’esito del voto, resta o no il rammarico di non aver puntato su un profilo più calabrese?

«La novità di questa campagna elettorale, dopo due tornate ravvicinate, quella del 2020 e la successiva del 2021, è stata l’unità di tutto il centrosinistra. Addirittura, nella penultima competizione, ci eravamo presentati con tre candidature diverse (Bruni, De Magistris e Oliverio, ndr). L’errore è stato quello di non scegliere in Calabria un leader ma di far prevalere le dinamiche del tavolo nazionale. Una logica che ha portato a una scelta che ha soddisfatto solo gli equilibri romani del centrosinistra ma di fatto è stata vissuta come una scelta calata dall’alto che non ha coinvolto i territori nella decisione. Non credo che sia stata una questione di nomi, ciò che è mancato in questa campagna elettorale è stata la nostra idea di Calabria. I cittadini non l’hanno compresa. Anche perché un certo populismo di sinistra, che abbiamo espresso in alcune proposte (abolizione del bollo auto e assunzione di 10mila forestali, giusto come esempio ndr), ha dato una immagine di inadeguatezza e addirittura di estraneità alla realtà territoriale regionale».

Dopo ogni sconfitta si invoca il “rinnovamento”, ma la vera sfida sembra essere la coerenza: capire chi siete e cosa volete rappresentare in Calabria.

«Sarebbe ingeneroso non descrivere ciò che è avvenuto in Calabria negli ultimi quattro anni a guida Occhiuto. È da quello che dobbiamo ripartire. Qualche mese fa ho lanciato la campagna: “Pd svegliati”. L’ho fatto perché avvertivo l’inconcludente, o addirittura compiacente, ruolo dell’opposizione al governo Occhiuto. Non solo i silenzi in Consiglio regionale ma nessuna capacità di entrare nel merito delle grandi questioni a cominciare dalla Sanità. Non basta una passeggiata in qualche ospedale calabrese per invertire la rotta del disastro del sistema regionale. Non c’è stato nessun momento nel quale siamo riusciti, come gruppo regionale, a dare una idea diversa della sanità offrendo soluzioni e suscitando quella necessaria mobilitazione intorno al nostro progetto di sanità. Anzi, ci si è accontentati di qualche nomina in qualche Azienda ospedaliera o Asp della Calabria di “amici” o “amici degli amici”. Una sorta di consociativismo che è tipico del Sud e che permette a chi governa di non avere una opposizione che l’incalzi. Ecco, questa è la questione vera su cui il centrosinistra e il Pd devono ripartire. Serve un riformismo radicale che sia in grado di rompere le pratiche consociative e il trasversalismo che ci ha portati a tre sconfitte consecutive. E mi permetto una battuta: si è discusso molto di piazze, di mobilitazioni pro Palestina che anche in Calabria e a Cosenza ha visto una massiccia partecipazione. E qualcuno si era illuso che quelle piazze piene potessero essere patrimonio del centrosinistra. Ma, per la verità, nelle migliori circostanze, il Pd è stato considerato ospite. Ovviamente, non ci hanno aiutato le nostre divisioni sui temi della pace in Palestina e in Ucraina. E non mi convince una discussione fuorviante sulla “carta d’identità” di alcuni candidati o sulla necessità di rinnovamento che è ovviamente un processo naturale. Chiudiamo questa discussione che ci porta a non focalizzare il problema vero: il Pd e il centrosinistra non hanno una proposta per la Calabria. Nel cosiddetto campo largo, a Roma come in Calabria, in sede di dibattito sul programma, prevalgono solo le divisioni e non le condivisioni sulle proposte. Capisco, ci vuole tempo ma è un processo ineludibile. Non basta una semplice unità. Servono i fatti. Il mio futuro? La mia campagna elettorale è appena iniziata».

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