La narrazione di questi ultimi anni ha descritto una sanità oltre la quale non s’intuisce un domani. Un tema che ha seguito il filo degli interventi, ieri sera, alla Festa dell’Unità, nel corso del primo talk, nel salotto di largo Carratelli, dedicato proprio al sistema salute in Calabria. La storia si muove vagabonda nel campo minato di un sistema-salute che, negli ultimi trent’anni (molto prima, dunque, del piano di rientro), è finito nel tritacarne. Al resto ci ha pensato il lungo commissariamento che ha svuotato di uomini e di letti i nostri ospedali sempre più incapaci di garantire cure e assistenza perché i tagli hanno generato altre spese.
E così, il primo fuoco del dibattito è innescato dal leader regionale del Pd, Nicola Irto, che attacca il governatore-commissario Roberto Occhiuto definendo la sanità «settore in perenne emergenza». E non solo. C’è anche una battaglia ideologica da compiere: «La buttiamo in politica perché oggi a governare la sanità c’è un politico, uno che ha preso i voti che il presidente della Regione anni fa non poteva avere perché c’erano altri che non c’entravano niente con la Calabria quindi non è che la buttiamo in politica tanto per farlo. Abbiamo chiesto ad Occhiuto di portare una riforma della sanità, di portare una riorganizzazione sanitaria. Così il sistema non funziona. Ma dopo tre anni non c’è stata una riorganizzazione e ancora si ritorna sul tema dei medici cubani cioè dove potremmo raccogliere anche diciamo un’antologia delle macchiettistiche situazioni che stanno avvenendo nei Pronto soccorso calabresi con i poveri bravi medici cubani che non riescono ad assolvere in pieno quello che dovrebbe svolgere. Sono dei super infermieri diciamocelo, non sono messi nelle condizioni di poter operare per intero. Allora il tema dei medici è un problema generale e che c’è in tutta Italia ma sappiamo che in Calabria i problemi li avevamo anche quando i medici li avevamo».
Un parere, evidentemente di parte, smentito dai manager delle due aziende cosentine, Vitaliano De Salazar dell’Annunziata e Antonello Graziano dell’Asp. De Salazar è stato chiaro: «Ha ragione Irto. Ho trovato la sanità in uno stato d’emergenza. Detto questo, ci sono tante cose da fare. Dobbiamo metterci tutti quanti insieme a lavorare e per quanto riguarda l’Annunziata lo stiamo facendo. Ci sono dei miglioramenti sensibili, la strada è lunga ma non lunghissima. Questo ospedale diventerà un hub di riferimento per molte cure per tutto il Centro-Sud. Dal primo novembre arriverà la professoressa Franca Melfi, figura di spicco nel panorama medico internazionale e pioniera della chirurgia robotica. Torna per vari motivi, sicuramente per un attaccamento, ma anche perché c’è un progetto che ha visto e che ha sposato, sia universitario che ospedaliero. Sarà l’occasione per ridurre i “viaggi della speranza” che avranno un’inversione di tendenza, cioè l’emigrazione diventerà immigrazione. Questi sono progetti sfidanti, e non chiacchiere».
E, poi, i numeri più recenti: «Vorrei mostrarvi i 10 milioni di euro investiti in macchinari nuovi a cui si giungono le due Tac, la risonanza magnetica e tutti quegli investimenti che stiamo onorando per quanto riguarda gli acquisti garantiti dal Pnrr. E io invito sempre tutti a parlare sui numeri unici testimoni delle performance effettivamente migliorate. Abbiamo fatto tutto? No, assolutamente. Siamo all’inizio del percorso, però è innegabile che i lea sono migliorati. Sui cinque indicatori è innegabile che l’integrazione con l'università sta portando frutti che stiamo già raccogliendo. Il bilancio del 2023 è stato chiuso in “rosso”, con 32 milioni di passivo. Il primo atto che mi è stato fatto firmare è il piano di rientro, perché nell’azienda ospedaliera il costo era superiore alla produzione e qualsiasi azienda non si regge. Ora abbiamo fatto 12 milioni di euro in più di produzione chirurgica. E questi sono dati».
Anche Graziano la mette sui numeri. «Bilancio chiuso e approvato dalla Regione. Credo che questo testimonia lo stato di salute dell’ente perché nel bilancio c’è tutto. Quindi, la situazione economica, i fronti rischi, gli investimenti. Il bilancio è una somma di tutto, come si dice. Ora però è il caso di rimboccarsi le maniche e cominciare a lavorare. E noi lo abbiamo fatto. Io Vitaliano, siamo tecnici e vi parliamo di cose fatte, non di cose da fare. Screditare o ridicolizzare o dire che non c’è sanità in Calabria è un’offesa a chi si impegna tutti i giorni al servizio di cittadini che hanno bisogno di cure, è un’offesa a tutti gli operatori che ogni giorno con abnegazione, anche con minacce, sono lì nei Pronto soccorso, nei reparti, nelle sale operatorie. E se non avessimo avuto i conti a posto, se non avessimo liberato risorse, non avremmo potuto assumere 1.200 persone in due anni. I concorsi li abbiamo fatti tutti e banditi avvisi pubblici, mobilità. Su alcune branche non è venuto nessuno o pochissimi. Nell’emergenza urgenza se non ci fossero stati i cubani, non ce l’avremmo fatta. Bisogna riconoscerlo: è stata una grande invenzione e una grande iniziativa del presidente Occhiuto, cui va il merito di aver contribuito a ridare speranza ai calabresi in un settore che era fermo. Ha fatto tanto il presidente abbiamo fatto tanto noi sulla sua scia però dico i concorsi li abbiamo fatti tutti ma non ci sono medici badate».
Infine l’intervento più atteso, quello di Carlo Guccione, uno dei primi ad accendere i riflettori sulla sanità calabrese. Nel mirino l’Annunziata (nonostante le critiche dei “compagni” dem, Bevacqua, Iacucci, Mazzuca e Locanto, che lo hanno accusato di esagerare la narrazione sull’ospedale civile)
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