Il racconto di un sogno. Il sogno di realizzare un teatro nella sede di una vecchia e ormai in disuso centrale elettrica. Un sogno realizzato da Eduardo Tarsia e dai suoi visionari amici che il 13 giugno del 2010 aprirono l’Officina delle arti. Lo straordinario luogo d’incontro di decine di artisti nazionali e internazionali, la palestra per attori e registi calabresi, lo spazio usato da musicisti di talento del jazz contemporaneo.
Tredici anni di vita intensissima, scandita da sacrifici e soddisfazioni, risultati prestigiosi e cocenti delusioni. Già, le delusioni. «Dopo la chiusura forzata determinata dalla pandemia da Covid» spiega Tarsia « avevamo deciso di chiudere: non c’erano più risorse e le difficoltà sembravano sormontarci. Tanti amici ci hanno chiesto di continuare e abbiamo deciso di accontertarli. Certo, le risorse non c’erano e non ci sono e, perciò, abbiamo chiesto aiuto alle Istituzioni. Ci è stato promesso sostegno, un sostegno che non è mai arrivato»
Tarsia i visionari della “Officina delle arti” - mai destinatari in questi anni di finanziamenti pubblici - non volevano però denaro dal Comune, dalla Provincia o dalla Regione, ma solo occasioni.
«Noi non abbiamo mai chiesto fondi» spiega il fondatore del teatro «ma occasioni. Mi spiego meglio: avremmo voluto che il nostro teatro venisse utilizzato per organizzare manifestazioni, presentazioni di libri, iniziative culturali e invece... niente. Non è accaduto nulla di tuto questo!».
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