«Ci giunge voce che alcuni dirigenti scolastici stiano male interpretando la norma riguardante la fruizione dei tre giorni di permesso per motivi personali. Li diffidiamo a prendere iniziative personali e di attenersi scrupolosamente alla normativa vigente, in quanto i motivi addotti dal lavoratore non sono oggetto di valutazione discrezionale da parte del dirigente scolastico».
Lo denuncia la segreteria provinciale della Flc Cgil in merito ai tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari che spettano sia al personale docente che agli Ata. Il leader Francesco Piro ricorda che è un «diritto sancito fin dal 2007 con la stipula» del Contratto collettivo nazionale 2006-2009 che stabilisce come “il dipendente ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione”. «Tale diritto – prosegue Piro – è stato recentemente esteso anche al personale a tempo determinato con il Ccnl 2019-2021. Per fruire di questi permessi è sufficiente fornire una motivazione, personale o familiare, che rappresenta il presupposto giustificativo del permesso e che può essere documentata anche mediante autocertificazione da parte dell’interessato. L’autorizzazione di questi permessi non è soggetta ad alcuna valutazione o discrezionalità da parte del dirigente scolastico che non può entrare nel merito delle motivazioni addotte dal lavoratore. È quanto afferma chiaramente anche l’Aran in un suo parere sostenendo che la clausola contrattuale «prevede genericamente che tali permessi possono essere fruiti “per motivi personali e familiari” consentendo, quindi, a ciascun dipendente, di individuare le situazioni soggettive o le esigenze di carattere personale o familiare ritenute più opportune ai fini del ricorso a tale particolare tutela contrattuale, i motivi addotti dal lavoratore non sono soggetti alla valutazione del dirigente scolastico».
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