Il cielo è grigio proprio come l’umore della gente. Cosenza mostra in queste ore il volto di una città tradita dal pallone. Qui il calcio è vita, sentimento, è il segno preciso di un ordine antico e nobile che ha la forma di una sfera di cuoio. Qui il calcio è il mondo, la testimonianza di una civiltà che si è sviluppata seguendo le traiettorie di due colori: il rosso e il blu. Ma in queste ultime settimane il pallone dei cosentini si è sgonfiato. E quella carrellata di sogni apparsi in cielo al sorgere della stagione si sono trasformati in un transito di disperazione. Prima la penalizzazione, adesso l’inferno dell’ultimo posto in classifica con un presidente sotto assedio.
La vita in copertina di Eugenio Guarascio è sfumata da quando è finito nel mirino della contestazione. Il popolo tifoso gli attribuisce la responsabilità di questo drammatico viaggio a luci spente verso un destino che appare segnato. E il patron fugge, evita confronti. Ha rinviato anche l’incontro con il sindaco Franz Caruso, ufficialmente per seguire direttamente le operazioni (?) di calciomercato a Milano. Il vertice è stato aggiornato a domani, salvo complicazioni. La gente lo aspetta, paziente e delusa. Gli chiede di lasciare, di andare via.
Giuseppe Mazzuca è il presidente del Consiglio comunale e aspetta con ansia di poter parlare col patron. «Il suo atteggiamento, francamente, non mi piace. Non sta ricambiando quell’attaccamento alla città che gli ha dato tanto. Ritengo che Cosenza, il Cosenza e i cosentini meritino rispetto. Soprattutto da Guarascio. Ciò che dimostra, invece, è arroganza. Piuttosto, facesse chiarezza su quanti e quali siano i debiti del club. A lui gli chiedo di finire di procrastinare questa sofferenza passando la mano. Certo, il Cosenza calcio è una società privata, non possiamo intervenire direttamente come Comune, Ma non possiamo permettere questo stillicidio: la squadra, la città e i tifosi meritano altro».
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