Renato Campanini, ala sinistra e bomber dell'Ascoli che nel 1974 Carletto Mazzone trascinò in Serie A, lo aveva definito semplice come una siringa, doloroso e letale come un cobra. Gigi Marulla, oggi stroncato da un infarto a soli 52 anni, e dopo decine di gol, è stato un bomber implacabile che, come pochi, riusciva a vedere la porta. Ma è stato soprattutto l'idolo di tante folle, se è vero che nel calcio chi fa gol viene osannato e glorificato come nessun altro. Marulla non era un fuoriclasse, però ha segnato sempre e dovunque, facendo le fortune di Acireale, Avellino, Castrovillari, ma soprattutto di Genoa e Cosenza, entrambe squadre con i colori rossoblù. Marulla non ha mai avuto il piacere di giocare in Serie A e questo è stato forse il suo più grosso rimpianto. Ma vuoi mettere? Segnare in C o in D, oppure nel campionato cadetto, dove i difensori non vanno troppo per il sottile, rendendo particolarmente complicata la vita agli attaccanti di razza? E Marulla lo è stato. Qualcuno lo soprannominò il 'Gerd Mueller dei poveri', per la sua struttura fisica da brevilineo. Gigi non era un 'bassotto' come il tedesco, e i suoi 175 centimetri erano di pura potenza. Abile come pochi a sapersi muovere all'interno dell'area, ha fatto disperare non pochi difensori, sbucando spesso alle loro spalle e ingannandoli per mettere il pallone in rete. Un vero fenomeno di agilità e di velocità, divenuto poi un vecchio marpione, profondo conoscitore dei campi più impervi, ma anche dei difetti dei diretti avversari, in un calcio che fra gli anni '80 e '90 marcava spesso e volentieri a uomo, soprattutto se c'era di mezzo un certo Marulla. Decise di smettere nel 1999, ma non lasciò il calcio, decidendo di intraprendere la carriera di allenatore: Cosenza, Gallipoli da secondo, Vigor Lamezia, le sue panchine, ma anche tanto settore giovanile. Nato a Stilo, in provincia di Reggio Calabria, considerato uno dei borghi più belli d'Italia, il suo cuore ha deciso di smettere di battere proprio oggi, in un afoso pomeriggio di luglio, a Cetraro, a una cinquantina di chilometri dallo stadio San Vito di Cosenza che era un po' la sua seconda casa. Se n'è andato dopo una vita in area di rigore e decine di gol.