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Zaccheroni nella "sua" Cosenza aspettando una panchina: "Cerco una sfida"

Alberto Zaccheroni

Zac c’è. Il tramonto calcistico è ancora lontano per il vate romagnolo. Finché un cuore pulsa in petto come se fosse un pallone, la parola “ritiro” non è contemplata. Non per lui. Non per Alberto Zaccheroni. L’esilio momentaneo in Giappone, in Cina, negli Emirati Arabi è figlio di una scelta culturale e non di assenza di proposte.

L’ex tecnico di Cosenza, Milan, Inter, Juventus, Udinese e Lazio (tanto per citarne qualcuna…) ha bisogno di motivazioni, di progetti, di sfide. Proprio per questo, diversi lustri fa, ha scelto di non avere agenti al proprio fianco. «Perché mi piace andare dove mi vogliono e non dove io vorrei allenare», afferma Zaccheroni, che negli ultimi giorni ha fatto tappa a Cosenza, «e oggi sono a caccia di una proposta che mi intrighi, devo vederci qualcosa che possa emozionarmi».

Sono trascorsi quasi dieci anni dall’ultima apparizione dello Zac nazionale su una panchina italiana (Juventus). Da allora il calcio di casa nostra si è trasformato. «Tutto è diventato più veloce», conferma, «e questo anche grazie alla tecnologia. Con i gps siamo in grado di sapere in tempo reale quanto stiano faticando i giocatori. E poi c’è il Var, strumento prezioso utilizzato male: non capisco perché in molti si ostinino a bypassarlo. In tal modo alcune squadre perdono partite a causa di rigori inesistenti o di episodi non valutati nonostante la possibile di attingere alla tecnologia. Secondo me sarà presto introdotto il time-out e il cronometro si bloccherà per dar spazio agli inserzionisti pubblicitari: non appena spingeranno dagli Stati Uniti, patria degli sponsor, l’evoluzione sarà inevitabile».

I tecnici migliori a mondo Con o senza Var, negli ultimi anni, il calcio italiano è rifiorito. Da Cr7 a Ribery, passando per Lukaku, Eriksen, Ibrahimovic e De Ligt, i campionissimi stanno tornando a bussare al portone tricolore. «Non è casuale», sottolinea Zaccheroni, «perché in Italia, fatta eccezione per la famiglia Agnelli, i gruppi nostrani tradizionali hanno lasciato spazio agli investitori cinesi e statunitensi. È tornata la voglia di spendere. Ma noi abbiamo comunque i migliori tecnici. Fateci caso, gli italiani che sono andati all’estero hanno sempre vinto. Ne sappiamo una più del diavolo. I campioni aiutano a vincere le partite, ma un’ottima tattica esalta le qualità dei più forti e maschera i difetti di una squadra. E poi non va sottovalutato il contributo dei giocatori funzionali, dei cosiddetti “gregari”».

Il calcio italiano, sotto questo profilo, è stato sempre molto prolifico sia nello sfornare “gregari”, sia campionissimi. Fatta eccezione per l’ultimo decennio. «Il calcio italiano è trascinato dalla Juventus, che vedo favorita anche quest’anno, ma non in Champion’s, perché il Liverpool è ancora troppo avanti. L’Inter è un’interessante variazione sul tema ma ha pochi margini di miglioramento. Il Milan manca tantissimo al calcio italiano, mentre la Lazio ha grande qualità ma principalmente a centrocampo. E poi Simone Inzaghi è molto più determinato rispetto a quando indossava i panni di calciatori. Quanto alla Nazionale, difficilmente potevamo fare peggio degli ultimi anni», ammette il tecnico senza nascondere l’amarezza, «ed è inevitabile la ripresa. I giocatori di talento ci sono e stanno rendendo. Solo Kean, a mio giudizio, non ha ancora mostrato il proprio repertorio. Mi dispiace per Zaniolo: era al top prima dell’infortunio. Io vicino ad allenare gli Azzurri? Due volte, prima e dopo la parentesi Ventura. Ma non è mai stato un tarlo o un’ossessione».

Già, perché Zac non vive di ossessioni. Altrimenti sarebbe stata impossibile la grande rimonta bruzia, negli anni ’90: Cosenza salvo in B (e a un passo dalla promozione) nonostante il -9 di partenza in classifica. «Cosenza è nel mio cuore. Ho molti amici sportivi, come Maurizio Giudo ed Eugenio Caligiuri, e non “sportivi”. Torno sempre con piacere. Allenai in riva al Crati dopo un mezzo fallimento al Bologna», ricorda Zac, «e senza l’esperienza cosentina non so se la mia carriera sarebbe stata la stessa. Oggi il Cosenza rischia la retrocessione, ma non deve accadere. C’è solo un modo per uscirne: compattare l’ambiente e vivere ogni giorno come una sfida. Deve spuntarla il gruppo. Ricordo che io piazzavo due calciatori molto amici nella stessa zona di campo, perché i rapporti sono fondamentali. Bisogna condividere: è questo il segreto». Finalino dedicato all’attualità. «Mi ha colpito molto la scomparsa di Kobe Bryant», conclude, «perché è una perdita che va al di là dello sport. Certe figure sembrano immortali». Intramontabili. Come Zac.

LA SCHEDA

Dal Cesenatico allo scudetto del Milan, fino ad arrivare alla vittoria della Coppa d’Asia con il Giappone e alle esperienze in Cina e negli Emirati, passando dall’impresa cadetta con il Cosenza e dalle avventure con l’Inter di Moratti e la Juve post Calciopoli. La carriera di Zaccheroni ha vissuto numerose fasi, dopo le turbolenze iniziali e un avvio tutt’altro che scoppiettante. Europa e Asia nel suo destino, ma non avrebbe problemi neanche a cimentarsi in altre avventure. Perché il vate romagnolo è un globe trotter del calcio. E soprattutto perché Alberto Zaccheroni ha ancora fame. Tutto starà a trovare un progetto avvincente. Di quelli che gli farebbero tornare l’acquolina in bocca. Uno come lui manca al calcio italiano.

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