Il presidente del Cosenza calcio, Eugenio Guarascio, ha lasciato correre un giorno e mezzo prima di rispondere al documento redatto (e firmato) da 22 giornalisti appartenenti a 14 testate diverse. Dieci punti cruciali affrontati nelle domande presentate al patron che - nella giornata dell'ufficializzazione del trequartista Tremolada - ha risposto agli stimoli.
Il presidente Eugenio Guarascio ha risposto ai giornalisti che hanno posto dieci domande riguardo la gestione del club: «Rispondo con piacere alle domande che i giornalisti sportivi di varie testate mi hanno posto. Come è noto - finché è stato possibile - io stesso ho promosso più momenti di incontro con la stampa, convinto che il confronto e la trasparenza siano elementi sempre fondamentali per crescere, arricchirsi e migliorare la propria azione. Il bilancio di questo decennio non può che essere positivo, ricordando da dove si è partiti e i passi in avanti che sono stati fatti. La crescita del Cosenza è stata importante, costante e costellata da soddisfazioni per la tifoseria e il territorio. Dalla vittoria dei playoff nazionali di Serie D, alla promozione in Serie C2 l’anno successivo, l’annessione ala Serie C con larghissimo anticipo, la Coppa Italia di Serie C e poi la conquista della Serie B attraverso la bellissima impresa dei play off. Pagine di storia arricchite dai successi nei derby, la celebrazione del Centenario, l’impresa nel post lockdown che ci ha portato alla ribalta internazionale. Insomma, nessuno, dieci anni fa, avrebbe potuto immaginare un periodo così florido per il calcio cosentino che proveniva da tre lustri di difficoltà, ripartenze e frenate improvvise. Un progresso in cui abbiamo creduto e che rappresenta anche un inedito nella storia del calcio calabrese.
In questi dieci anni ho guidato e curato il Cosenza Calcio come fosse una famiglia. È a tutti gli effetti una grande comunità in cui - come sempre accade - si vivono alti e bassi, gioie e momenti difficili, grandi soddisfazioni e delusioni. Mi sono - però - sempre lasciato guidare dal buon senso, dall'assoluto rispetto delle regole e da una passione autentica, figlia delle mie radici nella valle del Savuto e senza dubbio della grande storia e dell'assoluto carico identitario che i colori rossoblù portano con sé.
Non sfugga, su tutto, il fatto che l'ultimo anno - che pure si è concluso con l'esaltante permanenza in serie B - è stato stravolto dall'emergenza sanitaria, che ha scompaginato il mondo del calcio nella sua organizzazione, nelle sue regole, nel rapporto con la tifoseria. Ci siamo trovati davanti a una variabile inattesa e potentissima, che ci ha messo a dura prova, tanto più perché immersi in una regione già carica di fragilità e problematiche.
- Presidente, si è irrigidito spesso quando si è sentito accusato di “scarsa programmazione”. Guardiamo ai numeri sotto la sua gestione: il 66% dei giocatori transitati dalle parti della città dei bruzi negli anni del professionismo è stato solo di passaggio (non di proprietà). Restando all’attualità: l’80% dei calciatori – a fine giugno – farà ritorno alla base (la “rosa” rossoblù è composta per il 41% di prestiti) o terminerà l’accordo con il Cosenza e potrà svincolarsi o trattare con altre squadre. Non pensa che dover ricostruire, quasi sempre, possa influire sui risultati o ritardarne il raggiungimento? Negli ultimi anni i ritiri sono stati effettuati per la maggior parte con ragazzi delle giovanili aggregati e giocatori fuori progetto: molto rischioso, non crede?
- In un sistema sempre più competitivo e complesso, ogni nostra scelta è stata ponderata, valutata nel rapporto causa-effetti e la programmazione messa in campo nasce da una precisa volontà di valorizzare le risorse interne. In questo quadro va letta la decisione di affidarci a tante figure nate e cresciute nella palestra del Cosenza: da mister Occhiuzzi a Kevin Marulla ma gli esempi sono tanti e in ogni ambito della società. Se rischio c'è stato, lo abbiamo sempre calcolato tenendo conto dello scenario nel quale ci muoviamo: ovvero una serie B in cui competono colossi imprenditoriali - vedi Monza e Salernitana - e squadre retrocesse dalla serie A forti dei contributi della Lega. Nonostante ciò, la nostra società riesce a tenere il passo e gode di grande credibilità e consensi negli ambienti sportivi. Una squadra che “scala” diverse categorie in pochi anni ha necessità di un ricambio naturale di alcuni elementi, anzi noi possiamo vantarci di aver portato con noi ogni anno calciatori che hanno proseguito con successo il proprio percorso di crescita. Gli equilibri economici del mondo del calcio impongono di considerare anche gli accordi temporanei che spesso si rivelano, come successo nel nostro caso, un valore aggiunto. Procediamo con l'andatura - consentite il paragone - dell'alpinista, che affronta la vetta non a grandi falcate ma a piccoli passi senza però perdere il ritmo, sempre andando in avanti e mai indietro.
- L’attuale direttore sportivo, Stefano Trinchera, è – anche lui – in scadenza di contratto. Non crede rischioso, alla luce della necessità di doversi rinforzare sul mercato e di provvedere ai rinnovi, tenere un ds senza potere contrattuale (soprattutto in sede di trattativa)? Ha intenzione di rinnovargli il contratto a breve? La frattura di questa estate quanto sta influendo? Siamo al capolinea e alla fine di un ciclo come sta avvenendo per molti giocatori oppure dobbiamo aspettarci la conferma del ds?
- Sono circondato da grandi professionisti e Trinchera è tra questi. Adesso affrontiamo la campagna acquisti e ci saranno innesti importanti ai quali stanno lavorando sia Trinchera che il mister. Subito dopo aver imbullonato la squadra, provvederemo alla definizione dei rapporti contrattuali con Trinchera. Non esiste al momento nessun caso, anzi il lavoro viene portato avanti in armonia e nella piena consapevolezza che abbiamo dei risultati da raggiungere.
- Presidente, la sua è sempre stata una gestione attenta se guardiamo ai rapporti con i tesserati. Tutto in regola sempre, mai una penalità. E i fatti le hanno anche dato ragione con una Coppa Italia vinta e una promozione in B. Ma da solo non può andare oltre certi confini. Ha un pool di collaboratori che si fanno in quattro (nel vero senso della parola) per supportarla. In questi anni si è parlato di presunte trattative per ingressi in società o addirittura acquisto in toto. Tutto si è risolto in una bolla di sapone, ammesso che ci fossero intenzioni serie. Lei è un ambizioso e vorrebbe chiudere col botto. Ma sa che è difficile specie di questi tempi allargare una base societaria. Finanche i grandi club hanno problemi. Ma si è posto un limite un termine? Fino a quando pensa di andare avanti da solo? E poi intende raddoppiare o nel caso lasciare se le cose non dovessero cambiare?
- Devo dire che in questi anni non ho mai registrato proposte concrete di partecipazione societaria. Al contrario, solo dichiarazioni d'intenti che non si sono mai concluse in reali intenzioni di investire nella squadra e nei colori rossoblù. Da tempo sollecito le forze imprenditoriali sane a partecipare e alla gestione del calcio cosentino, ma i miei appelli, al di là del supporto degli sponsor che ringrazio sempre per la vicinanza e il sostegno, sono caduti nel vuoto. Non c’è un limite temporale, non c’era dieci anni fa, quando erano con me altri otto imprenditori che poi hanno abbandonato il progetto e non c’è ora. Ho fatto e farò di tutto per superare le difficoltà e garantire al Cosenza un presente e un futuro roseo. Ai miei collaboratori non posso che essere grato per la dedizione e per la professionalità che dimostrano ogni giorno. Dal canto mio, farò sempre ogni sforzo economico utile e necessario per onorare il mio impegno verso una realtà calcistica che ha un grande patrimonio di talenti ed è amatissima non solo nella città di Cosenza ma gode di un tifo solidissimo in ogni angolo della provincia, per non parlare poi dell'attenzione che registriamo in maniera crescente anche dai tanti cosentini che non vivono in Calabria. Il Cosenza è conosciutissimo e sono tantissimi anche i fan e sostenitori all'estero.
- Tornando alla posizione di Trinchera, non crede che mantenere un “gradino” di differenza tra la direzione sportiva e quella tecnica (in scadenza il primo, con un triennale lo staff tecnico) possa essere controproducente? Questo aspetto, peraltro, si è già verificato in passato: stagione 2013-2014 Cappellacci 2 anni e il ds Meluso 1; 2014-2015 Roselli 2 anni e il ds Meluso 1.
- Riconosco a Stefano Trinchera grandi qualità umane, oltre a quelle professionali. Sono sicuro che il proprio orizzonte contrattuale non incida in alcun modo sulla sua attività e sul suo lavoro. E poi, ripeto, ci vedremo presto!
- La “rosa” attuale è frutto della sinergia Trinchera-Occhiuzzi oppure il ds ha agito autonomamente?
- La collaborazione fra i diversi livelli societari e tra le diverse figure è un elemento centrale a mio avviso. Le competenze devono sempre essere spese in un rapporto di sinergia, per cui Occhiuzzi e Trinchera lavorano e programmano in collaborazione fra di loro. Sono due professionisti veri che stimo e rispetto e per questa ragione ho sempre riconosciuto loro il massimo dell'autonomia.
- Non crede che la mancanza di una figura di coordinamento, quale il direttore generale, sia ormai divenuta indispensabile per coltivare i rapporti con la stampa (in quanto figura dirigenziale) e la piazza in maniera costante e chiara?
- Una figura che ho cercato a lungo in passato. Si tratta di un elemento utile ma che deve inserirsi con tatto e diplomazia in un ambito precostituito e ben amalgamato. L'organizzazione interna della società può sicuramente essere migliorata, d'altro canto solo chi non fa non sbaglia. Vedremo come e quando intervenire, una volta però che - spero il più presto possibile - riusciremo a recuperare una dimensione ordinaria, con stadi finalmente abitati e spalti pieni, con un regime di normalità negli spostamenti, oggi faticosissimi per via dell'emergenza sanitaria che ha riversato sulle nostre spalle responsabilità, regole e costi enormi. Posso assicurare che per una squadra calabrese, e quindi immersa in una realtà periferica, ogni trasferta - e la maggior parte sono lontane visto che moltissimi club appartengono al nord Italia - è un enorme impegno.
- Capitolo settore giovanile. Dopo anni in cui i risultati (non sul campo, ma in termini di prodotti colti dal vivaio rossoblù) non si sono visti, qualcosa inizia a muoversi: Sueva è l’esempio di un settore giovanile che può essere una risorsa. Non crede che questa inversione di rotta sia avvenuta in maniera troppo tardiva, tenendo conto che nei nove anni precedenti nessun “lupacchiotto” aveva fatto il grande salto in prima squadra da protagonista? Perché è emerso, da una tra le province più grandi d’Italia, un giocatore appena? È mancato il feeling con il territorio o cos’altro? Non ritiene insoddisfacente, nel complesso, l’esperienza del vivaio?
- Abbiamo un settore giovanile sano e lo abbiamo da subito coltivato: mister Occhiuzzi è la punta più avanzata di una politica di investimento e valorizzazione che ha bisogno di tempo per produrre i suoi risultati e che oggi purtroppo ha risentito fortemente del blocco causato dalla pandemia. In questi anni sono stati compiuti passi da gigante anche nel settore giovanile, a livello organizzativo e qualitativo. Gianluigi Sueva è il nostro orgoglio, ma non sono mancati e non mancano altri talenti. Certo più si alza il livello della prima squadra e più è difficile inserire giovani che riescano ad integrarsi e in più la pandemia ha avuto effetti devastanti per il calcio giovanile, fermando il tempo e limitando i progressi. Con la ripresa delle attività speriamo di continuare anche in questo senso il nostro percorso.
- Restando in tema di calcio giovanile. L’assenza di strutture è una lacuna non indifferente. Come è stato possibile gestire un vivaio che, spesso e volentieri, è stato costretto cambiare quartier generale? C’è un progetto per il futuro? Non crede sia il caso di intervenire per rendere migliore, anche solo esteticamente, la zona di antistadio che dà accesso alla sede? Il biglietto da visita per operatori di mercato e nuovi calciatori non è il top.
- Ricordate quando sono arrivato quali erano le condizioni del calcio cosentino. Ebbene, non c’erano neanche i palloni! Abbiamo costruito tutto da zero, investito sullo Stadio e ciclicamente sul campo di allenamento. Abbiamo impegnato ingenti risorse non potendo contare, come le altre società in passato, su contributi pubblici, anzi dovendo far fronte a spese che in altre epoche erano di competenza di Enti che oggi attraversano profonde crisi economiche. Certamente paghiamo sul piano logistico diverse criticità e molteplici debolezze, la mano pubblica non è per ora di sostegno e di aiuto e le difficoltà finanziarie dell'amministrazione comunale complicano ulteriormente il quadro soprattutto nella gestione delle strutture sportive. Ma anche in questo aspetto, non ci giriamo dall'altra parte e stiamo programmando degli investimenti che - non appena saranno definiti in tutti i dettagli - saranno divulgati.
- Crede che gli investimenti della società siano proporzionali (e proporzionati) alle ambizioni della tifoseria e della città?
9) Come dicevo in precedenza, operiamo nel rispetto delle nostre forze: se ci fossero investitori animati da reali intenzioni di valorizzare e far crescere la società, sarei lieto di prenderli in considerazione e allargare la base societaria. Finora ciò non è accaduto, e siamo andati avanti con grande orgoglio confidando sulla nostra tenuta finanziaria, che devo dire ci ha portato risultati importanti che per primi i tifosi ci hanno riconosciuto, onorandoci di un sostegno fuori dal comune e che ogni giorno ci dà una marcia in più. Il Cosenza è tale proprio perché ha un carburante naturale, su cui - devo ammetterlo - non tutti i club, anche i più blasonati, possono contare. La passione dei nostri tifosi non ha prezzo. Lo hanno dimostrato nelle grandi occasioni: il Centenario, i play off per la serie B e seguendoci anche in trasferta in numero importante. Ma gli investimenti devono anche tenere conto della logica dell’equilibrio economico societario. Abbiamo visto tante grandi piazze svanire nel nulla per non aver rispettato i parametri di una buona gestione societaria. Il Cosenza dovrà sempre scendere in campo sapendo di poter contare su basi solide.
- La serie A è un approdo raggiungibile con questo tipo di gestione?
- Ogni approdo è raggiungibile se si creano le condizioni. Lo abbiamo dimostrato in questi anni. Del resto c’era chi non credeva neanche nella possibilità di arrivare dove siamo arrivati. Il rispetto delle regole, la legalità, l’equilibrio economico e il massimo impegno garantiscono ad una società la longevità e la forza di competere ad alti livelli con chiunque. Siamo felici di aver consentito ai nostri tifosi e a voi giornalisti di poter vivere e raccontare le pagine di calcio che abbiamo scritto insieme finora, ma la storia rossoblù non finisce certo qui. Il campo ci ha sempre riservato gioie se è vero come è vero che l'anno scorso la Bbc ci ha collocato fra le migliori squadre al mondo per performance e risultati. E se competiamo con la Premier, perché non pensare alla A! Un pizzico di buona sorte, poi, non fa mai male.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia