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Cosenza (quasi) in B, giusto ululare alla luna cadetta. E non si parli di meriti o programmi

Attraverso il gioco estivo, a bocce ferme, del mors tua vita mea, la Cosenza del calcio c'era già passata - nel lontano 2003 - uscendone con le ossa rotte. Speranze, documenti, previsioni più o meno ottimistiche e considerazioni realistiche si tradussero in un sanguinoso fallimento. Quanto di peggio possa esistere per un appassionato di calcio, appena un gradino più in giù del dolore post-retrocessione. Stavolta le forche caudine hanno estratto la carcassa clivense, riesumando quella rossoblù. O almeno così pare, in attesa che l'iter della riammissione porti al risultato del ritorno-lampo del Cosenza in serie B, salvo nuovi colpi di scena a firma del Collegio di garanzia del Coni.

Match point da non mancare

Sarebbe da polli, a questo punto, mancare il match-point servito sul piatto d'argento dalle disgrazie gialloblù. Ed è proprio da questa consapevolezza che bisognerà ripartire. Che non si parli di “meriti” o di “risultato frutto della programmazione”, perché sul campo i silani guidati da Occhiuzzi sono retrocessi dando vita a un girone di ritorno da fanalino di coda, così come è retrocessa “l'area tecnica” (ovvero il ds Trinchera) e, soprattutto, la società rappresentata dal presidente Guarascio. Né si può continuare a sbandierare la salubrità delle casse societarie alla stregua di una foglia di fico buona a coprire una gestione sportivamente rischiossisima (eufemismo): anche quest'anno i rossoblù hanno danzato pericolosamente sul cornicione dell'improvvisazione (tante, troppe scommesse e giocatori da rilanciare), prima di cadere e schiantarsi, salvo poi cancellare il frame finale e ripartire dalla B (anche stavolta come se nulla fosse?). E poi, in cadetteria ma non solo, il Cosenza non è l'unica squadra con i conti in regola. Semmai è il Chievo Verona ad aver toppato.

Giusto gioire? Certo, perché la serie B è un patrimonio inestimabile per una piazza e una tifoseria dalla passione sconfinata, che meriterebbe di calcare anche un palcoscenico più prestigioso. La meritano. Giustissimo, dunque, celebrare la riammissione, a patto di non dimenticare questo biennio balordo. Di farne tesoro (ma questa lezione non dovranno certo impararla i tifosi, quanto la società) e non commettere più errori del genere: come “trascinarsi” con un ds sportivo in scadenza di contratto, ritardare fino all'inverosimile i rinnovi o puntare su giocatori già psicofisicamente in versione “ex” (tanto per citare alcune mancane pesanti) con l'intento di risparmiare qualcosina. Sacrosanto ululare alla luna cadetta, a patto che si impari dagli errori commessi. E qualcuno in particolare dovrà farlo più di altri.

 

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