Si chiude con un nuovo successo la 57ma stagione lirica del Teatro Rendano di Cosenza, conclusa dal “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti, l'opera buffa scritta nel 1842 dal compositore bergamasco, su libretto di Giovanni Ruffini, e messa in scena per la prima volta a Parigi l'anno successivo. Un allestimento collaudato, frutto di una coproduzione tra il Rendano e l'Associazione “XXI Secolo” di Viterbo, e che ha visto riprendere, da Rosangela Giurgola, l'originaria regia di Mariano Bauduin.
L'azione scenica che vede l'attempato possidente Don Pasquale intento a trovare per il nipote Ernesto, suo erede designato, una sposa che sia anche nelle sue grazie, lo conduce in un gioco più grande di lui, quando, opponendosi all'unione tra il nipote e Norina, che ha solo la colpa di non essere ricca, subisce il raggiro ordito ai suoi danni dal dottor Malatesta, vero motore di tutta l'opera, che, invece, vede di buon occhio le nozze tra i due.
Muovendosi a loro agio sulle accattivanti scene di Nicola Rubertelli, nome storico ed apprezzatissimo del teatro, televisione e cinema italiani, che risultano anche molto ben costruite e funzionali al meccanismo ad orologeria del quale l'opera è intessuta, i cantanti si impadroniscono a turno della scena, ben sorretti dall'Orchestra “EtruriAEnsemble”, diretta egregiamente dal Maestro Fabrizio Bastianini. Su tutti, svettanti sono apparse le qualità vocali del soprano giapponese Airi Sunada, alle prese con il doppio ruolo di Norina e di Sofronia, la sorella del dottor Malatesta di cui la prima assume le sembianze per essere promessa in sposa a Don Pasquale che, attraverso il raggiro di cui non è consapevole, può ipotizzare un inaspettato ringiovanimento contro il passare inesorabile del tempo. In realtà tutta la messa in scena risulta essere governata da questa aspirazione a fermare il tempo. Lo dice a chiare lettere la scritta posta in alto alla scena, “Tempus fugit”, e lo ribadisce la scenografia rotante che procede in senso antiorario e che fa passare lo spettatore dall'ambientazione classicheggiante della dimora di Don Pasquale alla casa di Norina, dichiaratamente futurista, salvo, al termine della sarabanda, mescolare i due elementi, quando tutto sta per preludere all'happy end finale.
Tra le voci ascoltate dal pubblico del Rendano, la vera sorpresa è stata proprio il soprano giapponese che ormai si è da tempo stabilita in Italia, a Milano, e che sarà certamente proiettata verso una luminosa carriera, frutto di rigore ed impegno, testimoniati anche dal fatto che Airi Sunada si è aggiudicata una borsa di studio con il soprano di lungo corso Luciana Serra, con cui ha perfezionato le sue indiscutibili qualità alle quali, in Don Pasquale, ha aggiunto la sua versatilità, capace di indovinare il giusto registro nell'interpretazione delle due donne, Norina e Sofronia, che richiedevano ciascuna una diversa vocalità. Compito non agevole che ha, però, saputo condurre in porto. Attento a non sconfinare nel macchiettistico, il Don Pasquale del basso-baritono irpino Gaetano Merone. La sua è stata una caratterizzazione molto godibile e al tempo stesso misurata che, ovviamente, con gli accenti vocali giusti, fa l'occhiolino al divertissement del pubblico, ma senza scadere nel caricaturale. Altra gradevole sorpresa dell'allestimento, colorato a dovere dai costumi di Marianna Carbone, è stato il baritono Fabrizio Brancaccio, perfetto nei panni del Dottor Malatesta. Calabrese, di Catanzaro, si è ormai stabilito a Brescia dove vive da tempo. Diviso tra Bergamo e Trieste, segue gli studi con il maestro Massimiliano Di Fino e si perfeziona con Sherman Lowe, dopo aver seguito altri corsi di perfezionamento con Enzo Dara, Mirella Freni e Leo Nucci. La sua formazione è avvenuta al Conservatorio “Fausto Torrefranca” di Vibo Valentia ed erano circa 8 anni che non si esibiva nella sua regione. Brancaccio dà corpo e voce al personaggio di Malatesta che, nell'economia dell'opera donizettiana, ha una centralità forse superiore a quella dello stesso Don Pasquale. E' lui, infatti, che muove tutta la macchina dell'opera e la regia originaria di Bauduin ha voluto che fosse proprio Malatesta a far ruotare la scena. Questo la dice lunga sulla psicologia di un personaggio molto ambiguo e che però fa comunque di tutto perché l'amore, quello giusto, alla fine trionfi. Hanno contribuito al successo dell'opera anche l'Ernesto del tenore napoletano Stefano Sorrentino e il notaio di Riccardo Schioppa.
Nel terzo atto, buono l'apporto del coro Ensemble vocale “Il Contrappunto”, diretto dal maestro David Barrios, che vivacizza il tutto prima che l'epilogo si compia.
Alla fine, pubblico molto soddisfatto e divertito. Va in archivio così la stagione lirica numero 57 del Teatro “Rendano” che sarà ricordata come quella della rinascita dopo la pandemia, del rientro nel FUS, grazie alla caparbietà dell'Amministrazione comunale e del sindaco Franz Caruso, e di un progetto artistico sì breve, ma molto ben curato dal maestro Luigi Stillo.
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