Cosenza

Venerdì 22 Novembre 2024

Cala il sipario sulla cosca degli zingari di Cosenza, in Cassazione quasi due secoli di carcere - Nomi e foto

Andrea GRECO - 3 anni e 4 mesi
Attilio CHIANELLO - 5 anni
Danilo BEVILACQUA - 6 anni
Domenico CAFIERO - 4 anni e 10 mesi
Gennaro PRESTA - 10 anni
Gianluca BARONE - 4 anni e 6 mesi
Giuseppe ESPOSITO - 4 anni e 10 mesi
Leonardo BEVILACQUA - 5 anni
Luca MADDALENA - 5 anni
Mario PERRI - 5 anni
Maurizio RANGO
Rocco BEVACQUA - 7 anni

Il suo nome, i suoi incontri, la sua trama erano gli indizi di una nuova alba per il clan più potente di Cosenza. Maurizio Rango era il temutissimo capo italiano dell'ala militare degli zingari, la nuova famiglia che teneva (e continua a tenere) sott’assedio Cosenza. Un’aristocrazia criminale sbocciata in mezzo alla stirpe dei nomadi, tra via Popilia e via degli Stadi, i loro fortini inespugnabili. E da lì governavano su tutto. Padri, figli, mariti, cognati, nipoti: erano sempre loro a comandare e Cosenza era diventata cosa loro. Imprenditori, negozianti, professionisti, ambulanti: tutti costretti a piegarsi agli esattori della cosca. Poi, un giorno si mise di mezzo l’erede dei “Bella-bella”, il vecchio clan alleato con le famiglie di via Popilia. Luca Bruni rivendicava il rispetto nel nome del padre Francesco e del fratello Michele che non c’erano più. Bruni jr non immaginava certo che gli equilibri si erano definitivamente spostati. Quasi tutti gli amici del padre e del fratello erano passati con la nuova cosca mista di zingari e italiani. E per i Bruni non c’era più spazio. E furono proprio i suoi ex amici a tradirlo. Quando Foggetti e Lamanna transitarono sul libro paga dello Stato svelarono il tranello mortale. E su Maurizio Rango è calato il sipario. Ieri sera, la Cassazione ha messo una pietra tombale sulla sua condanna all’ergastolo. Fine pena mai per lui e sentenza confermata gli altri affiliati alla nuova famiglia con condanne da 12 anni a 2 anni e mezzo, per complessivi 175 anni e mezzo di reclusione. Un capolavoro giudiziario firmato dall’ex pm della Dda Pierpaolo Bruni (oggi procuratore di Paola) che ha valorizzato i temi esplorati dall’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo provinciale, guidati dal colonnello Michele Borrelli, e della Mobile, agli ordini del vicequestore Giuseppe Zanfini. Un impianto che è stato cristallizzato attraverso le dichiarazioni di ben quattro collaboratori di giustizia: Daniele Lamanna, Luciano Impieri, Adolfo Foggetti e Franco Bruzzese. Con il ricorso proposto da Rango, la Cassazione ha rigettato anche quelli di: Tonino “Banana” Abbruzze (12 anni); Ettore Sottile (12); Domenico Mignolo (10); Antonio Intrieri (10); Gennaro Presta (10); Antonio “Ciap Ciap” Imbroinise (8); Celestino “Ciccio” Abbruzzese (7); Francesco Ciancio (7); Rocco Bevacqua (7); Luciano Impieri (collaboratore, 6 anni e 8 mesi); Danilo Bevilacqua (6); Adolfo Foggetti (collaboratore, 6); Luca “Stellino” Maddalena (5); Attilio Chianello (5); Giuseppe Curioso (5); Alfonso Raimondo (5); Leonardo Bevilacqua (5); Mario Perri (5, l’unico beneficiario dell’annullamento per un reato); Domenico Cafiero (4 anni e 10 mesi); Giuseppe Esposito (4 anni e 10 mesi); Francesco Vivacqua (4 anni e 6 mesi); Simone Santoro (4 anni e 6 mesi); Gianluca Barone (4 anni e 6 mesi); Alberto Ruffolo (4 anni e 6 mesi); Andrea Greco (3 anni e 4 mesi); Antonio “Strusciatappine” Abbruzzese (2 anni e 8 mesi); Francesca Abbruzzese (2 anni e 8 mesi) e Giuseppe Montemurro (collaboratore, 2 anni e 6 mesi).

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