Un sistema di controllo del territorio sempre più radicato e con l'obiettivo di rafforzarsi ed espandersi per poter usufruire si aree sempre più vaste per poter tagliare in maniera indiscriminata e indisturbata centinaia, migliaia di ettari di bosco. Un sistema in cui la maggior parte dei componenti di una famiglia contribuiva a sostenere e che vedeva il coinvolgimento fattivo negli affari del taglio abusivo e della vendita della legna anche due donne, compagne di altrettanti indagati. Un sistema che con il passare degli anni di certo ha superato determinati limiti, fino ad arrivare all'agguato nei confronti di un altro soggetto che poteva ostacolare il progetto di “espansione” in zone sempre più ampie di boschi non solo del rossanese, ma che confinavano anche con territori di altri comuni. La zona in cui si sono concentrati i tagli, da quello che emerge dalle attività investigative dell'Arma, in stretta collaborazione con la Procura del Pollino, almeno negli ultimi due anni, è quella di S. Onofrio, tra le più suggestive e lussureggianti della montagna rossanese. All'indomani della operazione “Fangorn” condotta all'alba di venerdì dai carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza e dal comando compagnia di Rossano che ha portato all'esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari nei confronti di 15 persone non sono pochi gli elementi su cui riflettere. Ad essere fermati, lo ricordiamo, sono stati Giuseppe Tedesco 47 anni, Leonardo De Martino 47 anni, Luigi De Martino 46 anni, Pasquale De Martino 22 anni, Luigi De Martino 26 anni, Natale De Martino 52 anni, Giuseppe Faustini 39 anni, Gennaro Larocca 37 anni, Nicola Macaretti 38 anni, Antonio Macaretti 29 anni, Domenico Macaretti 67 anni, Michele Lizzano 56 e Vincenzo Curia 55 anni (già detenuto), tutti sottoposti alla misura cautelare degli arresti in carcere, e Maria Antonietta Tavernise, 23 anni e Rosario Vulcano 37 anni, sottoposte invece alla misura restrittiva degli arresti domiciliari. Emerge un quadro desolante, di boschi deturpati, proprietari di case sottoposti a “guardiania” e una zona montana ormai spopolata anche in estate e sotto il controllo di chi agiva indisturbato traendo profitto dalla vendita del legname. In questa attività, come detto e come sottolineato anche dal procuratore Eugenio Facciolla le compagne di due indagati gestivano anche la richiesta di legname dai clienti, concordando giorno, luogo e prezzo della consegna della merce, nonché rapportandosi con i rispettivi compagni affinchè non ci fossero intoppi nel reperire il quantitativo richiesto. Poi l'agguato. Il 2 gennaio del 2018. Un fucile calibro 12 caricato a pallettoni spara contro un fuori strada Nissan che percorreva la strada provinciale della montagna rossanese. Un episodio che sulle prime porta a parla di “giallo”. Le indagini serrate dei carabinieri della comando compagnia di Rossano, invece, grazie anche alle intercettazioni condotte, scoprono che non si sarebbe trattato di un episodio frutto di una decisione subitanea e istintiva, ma che invece l'azione sarebbe stata pensata e pianificata e forse solo il caso o il destino ha fatto sì che non ci scappasse il morto. La vittima designata era proprietario di un ovile in località Conche, già dato alle fiamme per indurlo secondo quanto sostiene l'accusa a lasciare quel posto per poter inglobare anche quella zona tra quelle da cui poter asportare la legna.