Il parere dei commercianti dell’isola pedonale di Cosenza è unanime ed eterogeneo allo stesso tempo: l’ingresso in zona gialla risente degli effetti del Covid-19 tuttavia alcuni esercizi riescono a resistere ai cali. Sensibili per certi, avvertiti in minore misura da altri. Il coro comune si spinge pure più in là: le tracce della pandemia non si notano soltanto nelle tasche dei consumatori, quanto sono da ricercare anche nei meandri più inconsci e profondi, psicologici.
Trincea e guerra moderna
«La gente ha voglia di tornare a vivere e forse capisco chi preferisce una gita fuori porta ad entrare in un negozio», dice Daniela Scaglione. «Questa guerra moderna la stiamo tentando di affrontare con tutti i nostri mezzi ma il Governo ci ha offerto poco, siamo stati posti in fondo alla catena. Ce la stiamo mettendo tutta, specie i negozi storici della città, per garantire il servizio migliore ai clienti. Le attenzioni sono alte ma neppure la zona gialla è stata sufficiente a registrare dei dati significativi», ha continuato Scaglione. Alle sue parole fanno eco quelle di Maria Lisa Filice, rls (responsabile dei lavoratori per la sicurezza) in un negozio di abbigliamento una manciata di metri più in là. Per lei, il calo è causato anche dal “problema” parcheggio: «Si potrebbe pensare di offrire i parcheggi gratuiti per incentivare le persone a dedicarsi senza pensieri allo shopping in centro. Nei primi giorni di saldi siamo riusciti ad avere numeri accettabili ma ora le vendite sono calate. In più, ci sono pochi controlli e le persone non si sentono protette». Positivo il commento di Vanessa Ramunna, responsabile di un negozio di abbigliamento maschile. «Da quando siamo transitati in zona gialla la differenza avvertita è relativa solo al passeggio che si registra sul corso. I numeri sono in calo ma per fortuna riusciamo a resistere con l’aiuto di promozioni che garantiamo in ogni periodo. I clienti fidelizzati riconoscono il nostro modus operandi e continuano a sceglierci».
L’oasi dei libri e dell’erboristeria
Un messaggio di speranza quello che arriva dal libraio Silverio Curti. I libri tengono il passo, malgrado il numero dei lettori “forti” sia in diminuzione: «Con il riconoscimento di bene di prima necessità siamo rimasti aperti e, salvo l’impatto con il lockdown totale, le vendite sono rimaste costanti. Non possiamo paragonarci a chi sta vivendo difficoltà superiori alle nostre». Curioso però un aspetto: «Nelle comunicazioni ministeriali delle aperture è stata indicata la dicitura edicola ma non si è mai parlato di libreria. Per fortuna possiamo informare la clientela attraverso i nostri canali social». Non ha subito perdite significative neppure l’erboristeria di Francesco Vigna: «Vendendo prodotti accessori e rivolgendoci a una clientela elitaria non siamo stati colpiti dalla crisi. Probabilmente il disguido maggiore lo stanno avvertendo i clienti, costretti a fare la fila per entrare in negozio».
Il coraggio di Carmen
In un periodo di forte recessione, c’è chi ha il coraggio di alzare le serrande, come Carmen Sammarra: «Ho sempre prediletto l’e-commerce, mi sono lanciata in questa avventura. Il primo mese non è stato semplice ma confido nella voglia di tornare alla normalità delle persone». Anche il ristoratore Marco Sangiacomo è carico di speranze: «Dopo periodi di grossi difficoltà si è registrato un boom. Siamo rimasti chiusi cinque mesi per minimizzare i costi. Lunedì, alla riapertura, è aumentato il fatturato relativi ai coperti del pranzo perché la gente si sta adattando alla nuova vita. Non sempre è facile però lavorare al top quando ogni due settimane si è soggetti a delle misure restrittive differenti».