L'esame delle fatture fiscali
Considerato che presso i locali aziendali veniva svolta, in via esclusiva, l’attività di illecita lavorazione del pellet, sono stati anche apposti i sigilli sull’intero impianto di produzione, composto da macchinari e strumentazione tecnica, al quale era collegata una bobina, della lunghezza di oltre 2.000 metri, contenente circa 130 sacchetti compressi con marchio contraffatto. Dall’esame delle fatture fiscali è stata ricostruita la filiera produttiva illegale, al cui vertice era posta la società ispezionata. Quest’ultima, dopo aver acquistato le materie prime da fornitori situati nell’area silana, le trasformava in prodotti finiti, successivamente rivenduti, a prezzi più vantaggiosi rispetto agli standard del mercato, a una fitta rete di attività commerciali al dettaglio situate nelle province di Cosenza e Catanzaro. Una successiva perizia tecnica eseguita nel laboratorio di analisi convenzionato con il licenziatario del marchio, oltre a confermare la contraffazione del logo originale, ha stabilito che il pellet sequestrato aveva caratteristiche qualitative inferiori rispetto a quelle oggetto della certificazione. L’utilizzo del marchio En Plus A1 è infatti garanzia degli elevati standard qualitativi del pellet. Per tale motivo, il produttore, prima dell’immissione in commercio, deve dimostrare di aver impiegato legname di pregio e di non aver aggiunto sostanze tossiche. Al termine degli accertamenti, i finanzieri hanno proceduto alla denuncia, a piede libero, del titolare dell’impianto di produzione alla Procura della Repubblica di Cosenza, per il reato di contraffazione.