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Corigliano Rossano, la morsa dei clan soffoca l’area urbana

Attentati incendiari, intimidazioni, estorsioni e omicidi testimoniano la presenza ingombrante di boss e picciotti. L’alleanza tra ‘ndranghetisti e “zingari” e l’inaspettato pentimento di Nicola Acri

Un territorio violentato dalla ‘ndrangheta. Sporcato dal sangue di decine di vittime assassinate negli ultimi trent’anni per riscrivere le gerarchie mafiose; terrorizzato dall’azione di “esattori” che impongono il “pizzo” incendiando e sparando; umiliato dai colpevoli silenzi di una parte dell’opinione pubblica; offeso dalle commistioni spesso registrate tra certa imprenditoria e vecchi e nuovi boss. Un territorio finito sotto l’egida di una “supercosca” nata dalle ceneri di antichi “locali” e legata al “crimine” di Cirò Marina. Una sorta di sovrastruttura criminale che governa l’intera Sibaritide da Cassano fino a Corigliano Rossano spingendosi a condizionare anche gli “uomini di rispetto” di Cariati e Mirto Crosia. ‘Ndranghetisti tradizionali e esponenti della criminalità nomade dettano legge: “autorizzano” traffici e estorsioni, incoronano “ reggenti” e ordinano delitti in una delle aree più ricche e popolose della regione. La grande città ionica nata dalla fusione di popolazioni di origine ausonica e bizantina, subisce la tracotanza di mafiosi capaci di qualsiasi nefandezza. Una tracotanza che travalica pure i confini regionali raggiungendo le comunità tedesche di Francoforte sul Meno dove da decenni operano uomini del Coriglianese e del Cassanese.

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