Moderni schiavi. Reclutati nella Sibaritide, sfruttati nei lavori agricoli, pagati quotidianamente con pochi spiccioli e usati in campagna come se fossero bestie da soma. La procura di Castrovillari, diretta da Alessandro D'Alessio, squarcia il velo sulle tristi condizioni di vita di decine di stranieri vittime dei "caporali" e di imprenditori senza scrupoli. Quindici le persone arrestate (sei in carcere e nove ai domiciliari) per effetto di una ordinanza emessa dal GIP di Castrovillari. Una sedicesima persona è solo indagata. In azione i carabinieri del colonnello Agatino Spoto. Impegnati i militari del gruppo territoriale di Corigliano Rossano e del Nucleo di tutela del lavoro coordinati dal tenente al colonnello Raffaele Giovinazzo. Sequestrate 6 aziende agricole e mezzi per un valore di 15 milioni di euro.
Anche minacce di morte alle vittime
L'indagine, sviluppata attraverso attività di tipo tradizionale anche di natura tecnica e correlati servizi di osservazione dinamica, le cui risultanze sono state corroborate dalle dichiarazioni rese dalle vittime successivamente escusse, ha cristallizzato la diffusione, in questo territorio, del fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori, mediante l’attività di reclutamento dei c.d. caporali, permettendo di:
- accertare il reiterato ricorso a minacce, anche di morte e ad atti di violenza da parte degli indagati per costringere le vittime identificate ad accettare la corresponsione di retribuzioni difformi alla contrattazione nazionale e territoriale (dai 15 ai 30 euro al giorno a fronte di oltre 12 ore di lavoro nei campi), prospettando loro che in caso diverso sarebbero stati licenziati;
- provare le responsabilità penali degli arrestati in ordine alle ripetute violazioni della normativa a tutela dei lavoratori in materia di igiene e sicurezza sui posti di lavoro (in quanto non sono stati mai sottoposti a visita medica neanche in caso di infortunio), orario di lavoro e riposi (che duravano tra i 10 e i 30 minuti). Addirittura, in un caso un è stata negata assistenza ad un lavoratore che si era stirato una gamba dopo aver caricato oltre 630 cassette di pomodoro;
- documentare come i caporali esigevano la restituzione di parte dello stipendio dai lavoratori e soprattutto come istruivano gli stessi lavoratori nel caso di un eventuale controllo di polizia. Nel corso delle investigazioni si è toccata dal vivo la drammaticità della piaga dell'intermediazione nel lavoro, al fine di sfruttare la manodopera di lavoratori di varie nazionalità (gambiana, nigeriana, rumena), costretti, per necessità e per bisogno, a subire condizioni di lavoro estenuanti, retribuito con paghe assai misere, sulle quali si approfittavano i “caporali”.
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