Il Cosentino ritorna ad essere terra calcificata tra le rovine del virus, coperta nuovamente dalla sua polvere livida che ha ripreso a circolare liberamente sfruttando i varchi che continuano a spalancarsi nelle nostre disattenzioni. Adesso, tutti spingono per la mascherina al chiuso, per le distanze in caso di assembramenti, per l’igiene delle mani. Tutti convertiti dai numeri che sprigiona questa nuova ondata di piena. Una perturbazione che sta piegando la resilienza dei nostri ospedali spingendo l’avanzata del Covid come non aveva mai fatto prima in estate. Un ritorno che era cominciato a giugno, con la ripresa dei casi, i primi ricoveri, i primi morti. Da un paio di settimane, è fuori controllo. Rabbia e delusione sono i nervi scoperti di un sistema salute finito ancora una volta sotto attacco col virus che ha contagiato già tanti eroi in camice bianco che lottano a fatica nelle corsie dell’“Annunziata”, tornate ad essere in questi giorni carnai infetti. Proprio ieri, la direzione strategica dell’ospedale ha deciso di alzare un argine con la sospensione delle visite parenti fino al 30 luglio in Nefrologia, Medicina d’Urgenza, Medicina “Valentini” e Gastroenterologia. Un provvedimento che servirà a blindare i reparti (che saranno trasformati in “bolle”) per consentire di riprendere il controllo dell’epidemia dopo aver accertato la positività di pazienti e medici, evitando che l’intero presidio si trasformi in una sacca infetta. Durante il periodo di chiusura, la comunicazione tra degenti e familiari avverrà attraverso il telefono. Per la biancheria, invece, verrà ripristinato il protocollo utilizzato durante i lockdown: consegna e ritiro nel punto di vigilanza dell’ospedale. Via i familiari dalle corsie rimaste a corto di personale e di letti.
Pronto soccorso
La prima linea dell’ospedale, trasformata in una bolgia infernale, è nuovamente il luogo simbolo della resa della sanità locale, con appena sei medici in servizio e solo due schierabili per turno a contenere la tempesta che sta travolgendo la provincia. Dentro quelle stanze, ormai, c’è il pienone. Tutti in coda per un posto in corsia che, spesso, fatica ad arrivare. E i lamenti, strappati dai petti di uomini e donne, quei loro sospiri, quei singhiozzi, finiscono a mettere a nudo la nostra umanità fragile che fatica a farsi riconoscere il sacrosanto diritto alle cure. Adulti, ragazzi, uomini e donne: si stanno arrendendo in tanti alla schiavitù del Covid. Vite schiacciate tra quelle mura, tutte dentro quelle stanze piene di disperazione e di sofferenza, quelle che stanno messe male e quelle che stanno messe meglio, in un rasentarsi di solitudini e di angoscia. Da qualche giorno, però, è stato riaperto anche il canale di Cetraro ed è cominciato il trasferimento di pazienti nel reparto di Medicina dello spoke del Tirreno per consentire al Pronto soccorso di respirare. Ieri sera il numero dei pazienti in attesa è sceso a 24. e, poi, c’è l’altro problema: la mancanza di barelle nel Pronto soccorso che allunga i tempi d’attesa delle ambulanze del 118 che non possono ripartire senza la lettiga. Insomma, le solite storie di una sanità incuabile.