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Blitz antidroga a Cosenza, ritrovato il “libro mastro” dei pusher TUTTE LE FOTO

Gli investigatori della Polizia l’hanno sequestrato durante una perquisizione compiuta in casa di Ippolito De Rose. Una giovane ex promessa del calcio bruzio, Daniele Perri, a capo d’una rete di spacciatori. Gli affari fatti in tempo di pandemia e l’acquisto della sostanza stupefacente a Napoli e Roma

L'eco dell'operazione ani-droga è ancora forte a Cosenza. Nomi, date e somme: con una penna biro di colore scuro erano stati appuntati su un’agenda i “movimenti” dello spaccio. Quanto bisognava incassare e cosa era stato venduto. Il “libro mastro” è stato sequestrato dai poliziotti del questore Michele Maria Spina in casa di Ippolito De Rose, durante una perquisizione. Era la “pistola fumante” che gli specialisti della sezione Narcotici cercavano da mesi: le microspie piazzate sulle auto e nelle abitazioni degli indagati avevano registrato precisi riferimenti ai “conti” segnati nel “libretto”.
Dopo il ritrovamento di quella sorta di mappa del “dare e avere”, il lavoro di riscontro per gli investigatori del sostituto commissario Francesco De Marco è stato più facile. Non solo: fermando di volta in volta gli acquirenti delle dosi, gli uomini della Mobile, diretta da Angelo Paduano e dal vice Nino Tedeschi, sono riusciti a stilare il “listino prezzi” della “roba” venduta in città. La cocaina viene ceduta a 100 euro al grammo, il “fumo” a 4 e l’hashih a 5. Mantenendo le vendite costanti il ricavato giornaliero diventa significativo e quello mensile più che apprezzabile. Ma i poliziotti hanno pure scoperto che per evitare interruzioni nella filiera delle cessioni, gli spacciatori spesso di scambiavano dei favori: chi aveva più droga la forniva a quanti ne erano rimasti sprovvisti, per tappare i buchi ed evitare che i “clienti” si rivolgessero ad altri fornitori. Un sistema ingegnoso, solidale ed efficace.

L’ex calciatore

Vi sono conversazioni illuminanti, registrate dalle “cimici”. Per esempio Daniele Perri, ex promettente calciatore bruzio, già finito nei guai a causa della droga negli anni scorsi, rivendica nei confronti di Carmelo Airano, suo stabile accompagnatore, di essere «il numero uno sulla piazza». Il commercio andava bene e gli incassi aumentavano quotidianamente. I due riuscivano persino a piazzare lo stupefacente nella zona dell’Università della Calabria e nell’area di Rogliano. Perri utilizzava, nelle varie piazze di spaccio, dei pusher ai quali spettava una percentuale. L’uomo, ignaro d’essere spiato, svela agli “amici” di aver comprato mezzo chilo di droga a Napoli e in una fase successiva un chilo nella Capitale. Non sa che ogni sua parola viene ascoltata e trascritta.

I due germani

I fratelli Regep e Toni Berisa colloquiavano, invece, tra di loro in lingua inglese e anche bulgara tanto che i poliziotti hanno dovuto ingaggiare dei traduttori per capire cosa dicessero. I germani si occupavano della zona dell’Autostazione e di piazza Europa. I Berisa nella zona dell’autostazione avevano introdotto l’hashish “rosso” proveniente dal Pakistan. Con loro agiva nella medesima porzione di città Italo Garrafa. Ma c’è dell’altro. Durante il periodo della pandemia proprio Garrafa avrebbe fatto grandi affari per via della mancanza costante di controlli. È quanto emerge dalle intercettazioni.
Il ruolo delle donne Valeria Del Popolo, compagna di Airano, preparava all’occorrenza le dosi che teneva nascoste in casa perchè venissero consegnate agli spacciatori. Rosa Mortoro, invece, convivente di Ippolito De Rose, collaborava con l’uomo alla cessione dello stupefacente nonostante quest’ultimo si trovasse agli arresti domiciliari.

Il tabacchino

L’esercizio pubblico veniva adoperato per effettuare i pagamenti della droga utilizzando il post pay. Il sistema, scoperto dalla Polizia, garantiva una certa riservatezza ed evitava agli indagati di doversi incontrare. La transazione schermava i rapporti e avrebbe dovuto evitare possibili controlli. Nessuno aveva capito che ogni mossa veniva al contrario monitorata dalla Mobile.
Presunzione di innocenza Tutti gli indagati si protestano innocenti. E tali dovranno essere considerati sino all’intervento di una sentenza definitiva.

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