Tiziana Mirabelli, 47 anni, resta in carcere. I giudici del Riesame di Catanzaro hanno ritenuto che debba rimanere dietro le sbarre. E dal penitenziario di Castrovillari dove si trova reclusa seguirà la evoluzione delle indagini. Venerdì scorso, nella sede dei carabinieri del Ris di Messina, sono cominciati i lavoridi analisi e comparazione del codice genetico rilevato in casa della vittima. Si tratta di tracce ematiche individuate vicino alla cassaforte di Rocco Gioffrè, 75 anni, massacrato con 36 coltellate il giorno di San Valentino in una palazzina di via Montegrappa, a Cosenza. Gli “specialisti” dell’Arma hanno proceduto alla prima fase di isolamento del dna così come richiesto dai magistrati inquirenti, il procuratore capo Mario Spagnuolo e il pm Maria Luigia D’Andrea. Agli accertamenti ha assistito l’avvocato Francesco Gelsomino, legale dei figli del pensionato assassinato. Di chi è quel sangue? Dell’ucciso o dell’assassina? Conosceremo la risposta tra qualche giorno. La Mirabelli ha riferito ai pubblici ministeri di aver consumato il delitto all’interno del proprio appartamento al culmine di una colluttazione che le è costata pure delle ferite alle mani. Nello stesso immobile, dopo aver provocvatoil decesso di Gioffré, ne ha poi nascosto il cadavere. Dunque le tracce ematiche rilevate in casa del morto o risalgono ai giorni precedenti al crimine - magari causate da un piccolo incidente domestico occorso al settantancinquenne - oppure non sono sue. E di chi allora? Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria