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Cosenza, prestiti a usura: Turboli accusa il fratello e la cognata

Dal racconto del pentito emerge anche una singolare vicenda familiare. I proventi illeciti venivano versati alla compagna di Porcaro

La famiglia, quella di sangue, non è rimasta fuori dalla storia che Danilo Turboli sta raccontando ai magistrati della Dda di Catanzaro. Dalla trama principale, che si focalizza sulle attività criminali di Roberto Porcaro, il pentito intreccia fatti e circostanze che riguardano anche i suoi congiunti. Così nella storia entrano di diritto il fratello Alberto e la cognata. Di entrambi si parla a proposito di una vicenda di usura. «Mio fratello Alberto Turboli – racconta il pentito – nel 2018 aveva contratto un debito, di oltre quarantamila euro, con Roberto Porcaro». Un debito i cui interessi, si presume, non vennero calcolati sui tassi praticati da una qualsiasi banca o finanziaria. «Si trattava – racconta il pentito – d’un debito usurario». E così per rientrare dei soldi «mio fratello – racconta il collaboratore – si mise a prestare, a sua volta, denaro a usura nella piena consapevolezze e condivisione di Roberto Porcaro, il quale avallando questa attività illecita di mio fratello si assicurava il recupero del suo credito». Nell’attività usuraria, racconta ancora il pentito, «mio fratello era aiutato dalla moglie, la quale – rimarca – si occupava del recupero dei soldi e della consegna, dapprima nelle mani della moglie di Porcaro, Silvia Guido, e più di recente in quelle dell’attuale compagna, Valentina Magnelli».

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