"Io, Marco e Giovanni e quel sogno di papà tra cedri e fichi dottati" a Santa Maria del Cedro
Tra le tante realtà di Santa Maria del Cedro, borgo del Tirreno cosentino noto per la coltivazione e la produzione del cedro di Calabria (la varietà è la liscia diamante), c’è la storia di Francesca Miraglia, Marco Cirelli e Giovanni Marino. Con loro, tutta una famiglia, cuore pulsante di un progetto che coniuga la coltivazione del cedro e dei fichi dottati per produrre tutti i prodotti legati a questi frutti. «La scelta del nome dell’azienda non è casuale: opificio è il luogo dove si lavorano le materie prime. Qui produrremo le ricette tradizionali calabresi, con i nostri cedri e i fichi. Vogliamo che la Calabria occupi un posto importante nelle tavole del mondo, perché ne ha tutte le risorse e le possibilità», spiegano Francesca e Marco, due giovani fidanzati che hanno cambiato la loro vita, investendo in un sogno. Con loro, Giovanni Marino, il cognato di Francesca: già lavorava con Angelo Miraglia, il papà di Francesca, in un agro con tanti alberi di cedro. Per poi continuare quel che aveva creato Angelo quando, purtroppo, è scomparso in un incidente stradale. «La coltivazione del cedro è un passaggio che stringe le generazioni della nostra famiglia. Mio nonno Francesco aveva delle cedriere. Terre coltivate poi da mio padre, di cui mio cognato Giovanni ha saputo prendersi cura davvero», racconta Francesca. «Quando è scomparso mio padre sono rimasta con mamma e le mie sorelle. Volevo diventare architetto. Davo una mano nell’azienda di famiglia e mi chiedevo cosa fare per realizzare il sogno di papà: creare un laboratorio per coltivare il cedro calabrese e i fichi».
L'inizio dell'attività
Così nel 2020 Francesca e Marco hanno acquistato tre ettari di terreno per la coltivazione del cedro e del fico dottato, che si presta a tante deliziose ricette. All’azienda del padre, s’affianca un nuovo terreno: qui tutta la grande famiglia pianta anche gli alberi di fichi. Quest’estate hanno raccolto i primi fichi dottati e stanno facendo delle prove per confetture e altre ricette presto in commercio. Nel terreno Francesca e Marco, con la supervisione mai invadente di Giovanni, hanno piantato anche dei cedri. L’idea? Coltivare e creare dei percorsi degustativi tra i filari, rispettando i ritmi della natura. In mezzo a ficheti e cedriere si potranno fare dei pic-nic. Hanno scelto l’immagine di Demetra e il suo mito per il rispetto profondo verso l’alternarsi delle stagioni, della terra, dei suoi frutti. «Nel logo ci sono le iniziali di mio padre che, come Kore per Demetra, torna ogni volta a ricordarci di essere felici, perché abbiamo realizzato il suo sogno, avere la sua forza e rendere fertile la vita», dice Francesca. Per poi continuare: «Il laboratorio è uno dei più innovativi della zona. Uno spazio attrezzato per produrre il liquore al cedro, le crocette, confetture di fichi e marmellate di cedro, come anche fichi ricoperti al cioccolato e altre ricette per ora top secret. L’anno prossimo speriamo d’iniziare non solo la produzione ma anche tutti i percorsi degustativi, per un turismo esperienziale su cui crediamo molto».
Dalla Cina alla Calabria
È Marco a parlare di Cina: massofisioterapista, per 4 anni ha lavorato lì (ancor prima a Perugia e a Torino) con la squadra di calcio allenata da Ciro Ferrara e con la nazionale cinese di Marcello Lippi. Poi a novembre del 2019 è ritornato in Italia. «Ho messo le radici. All’inizio è stato difficile: sono stato fuori dalla Calabria per 14 anni. Ma adesso sono certo. So che voglio restare qui con Francesca. Il sogno di suo padre è diventato anche il mio, il nostro. Tanto è vero che posso dire che il mio secondo lavoro adesso è il massofisioterapista, perché mi dedico alla coltivazione del cedro e dei fichi con Francesca e tutta la famiglia». Francesca e Marco stanno insieme da tre anni: a unirli è un sogno, un amore grande anche verso la terra. Il cedro e i fichi dottati così sono diventati i veri gioielli di questa storia bella di Calabria, che nasce piantando speranza per raccogliere frutti eterni. Pensando a chi ha innaffiato la terra anche quando era solo brulla.