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Cosentini da medaglie alle Olimpiadi, Forciniti e Rosalba tra gioia e rimpianti

Ci sono bronzi memorabili e altri che, solo a pensarci, fanno venire il magone. Due approcci totalmente opposti di vivere il ricordo delle Olimpiadi. Da una parte Rosalba Forciniti, la “ragazza terribile” di Longobucco. Dall’altra il gigante buono di Paola, Simone Rosalba. Due tra i pochissimi calabresi che hanno vissuto l’ebbrezza di calcare un podio olimpico, seppur in annate diverse (2000 Rosalba e 2012 Forciniti) e in discipline differenti (pallavolo e judo). Solo altri quattro calabresi hanno avuto il privilegio di indossare un metallo prezioso intorno al collo.
Il primo fu lo sciabolatore e spadista (a squadre) Oreste Moricca, originario di un paesino del Vibonese, Filandari, che in occasione delle Olimpiadi di Parigi del 1924 vinse un oro e un bronzo. Esattamente 24 anni più tardi sarebbe toccato al reggino Emilio Bulgarelli, oro con la squadra della pallanuoto nei Giochi olimpici di Londra. Il compianto pugile Giovanni Parisi, di Vibo Valentia, si esaltò a Seul nel 1988, piazzandosi sul gradino più alto del podio. Nel 2004 ad Atene, invece, toccò a Peppe Sculli – originario di Bruzzano Zeffirio – medaglia di bronzo con la Nazionale di calcio. Prima e dopo l’ex giocatore del Genoa, erano stati proprio a Rosalba e Forciniti a far esaltare un’intera Nazione. Senza dimenticare la schermitrice “reggina” Arianna Errigo, un oro e un argento alle Olimpiadi.
Ricordo dolceamaro. Ne parla ancora come se la ferita fosse fresca, il pallavolista tirrenico Simone Rosalba. Perché il bronzo di Sidney (2000), ancora oggi, lo digerisce a fatica. Sia chiaro: una medaglia olimpica è molto meglio di qualsiasi soprammobile, ma quando quella più prestigiosa è sfumata per un passo, tutto viene ridimensionato.
«Parlare del 2000 non mi fa male», precisa Rosalba, «peccato che quando mi sveglio, nel cuore della notte, ancora ci penso. Eravamo la squadra favorita per la vittoria finale, ma su di noi ebbe la meglio una Jugoslavia (3-0, ndc) che quel giorno fu “ingiocabile”. Ricordo che facevamo una fatica tremenda a far cadere il pallone nella loro parte di campo. La pressione per noi era maggiore: loro si qualificarono per il rotto della cuffia e arrivarono più scarichi da tensioni, ma alla fine meritarono. Il segreto per “alleggerirsi”? Sembra facile, ma pensare al risultato non aiuta, bisogna concentrarsi sul proprio gioco e vivere tutto con maggiore serenità. Dopo la sconfitta mi promisi di vincere la competizione successiva, ma non fu possibile. Noi avevamo anche un rito pre-gara, seppur io non sia un tipo scaramantico mi adeguai: il fisioterapista suonava sempre una canzone di Venditti strimpellando la mia chitarra. Funzionò una volta e proseguimmo così. Le favorite a Tokyo? La Polonia, il Brasile e la Russia sono molto forti».
Il bronzo di Rosalba Forciniti a Londra, invece, arrivò a sorpresa: «Il 29 luglio 2012 per me è festa nazionale. Ricordo quel momento con una soddisfazione fuori dal comune: vidi la mia famiglia esplodere di gioia sugli spalti e fu la sensazione più bella del mondo. Un exploit possibile grazie alla mia sfrontatezza, sono una persona impulsiva sul tatami ma anche fuori. Ma soprattutto mi ha agevolato il non aver alcun tipo di pressione con cui convivere, è fondamentale. Adesso vivo la tensione anche da tecnico e un’allieva delle Fiamme Oro, che però si allena con noi (Cortina Roma, ndc), sarà in gara. Si tratta di Francesca Milani a cui auguriamo il meglio. Vincere una medaglia alle Olimpiadi è molto speciale, ma non vi azzardate a chiedermi un pronostico». Concesso, se lo merita la “bad girl” del judo calabrese.

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