C’era un’auto nera di traverso, ieri mattina verso le 8,10, sulla carreggiata di quella bretella che collega contrada Santa Chiara con la zona industriale di Rende. Era
un’Alfa Romeo 156 Sport wagon, ferma lì, in un punto preciso e col coperchio del vano motore divelto, sollevato verso l’alto come a voler richiamare l’attenzione verso
il lampione piegato dalla velocità. Poi, più in là, d’una decina metri, altre due auto, una Fiat Punto bianca e una Ford Fiesta Fusion verde muschio. Erano in fila perfetta quelle altre due auto e si suppone andassero nella stessa direzione dell’Alfa Station wagon. Erano ferme a poca distanza l’una dall’altra e al loro fianco stava buttato, a caso, uno strano oggetto di gomma (si scoprirà, poi, essere la sella d’una moto) e anche una runner col battistrada rosso della Nike, una di quelle scarpe sportive che piacciono tanto ai giovani. Una di quelle scarpe sportive che ieri mattina aveva indossato quel ragazzo che adesso giaceva sull’asfalto in una posizione innaturale, contorta, immobile e col casco ancora in testa. Era distante da quella scarpa, quel ragazzo e lontanissimo dalla moto sulla quale poco tempo prima era salito per recarsi in un’officina meccanica di Cosenza, dove lavorava (e racconteranno, poi, colleghi e datore di lavoro) lo faceva pure bene. Era bravo, insomma, quel ragazzo che adesso giaceva lì, immobile col casco in testa D’impatto, così, non era facile scorgere la moto, a un certo punto si poteva anche immaginare che non ci fosse mai stata una moto su quella scena che i primi soccorritori si son trovati davanti. E invece bastava allungare lo sguardo sulla carreggiata opposta e in bilico tra il nero dell’asfalto e il verde dell’erba cresciuta nella cunetta,
la moto o quel che era rimasto di essa (dal traliccio del telaio si poteva dedurre una Ducati Monster) c’era.
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