Le parole del dolore. Scritte a stampatello sui fogli consunti d’un vecchio diario. Raccontano di violenze subite nel corpo e nell’anima. Di stupri sopportati per anni. Le consonanti e le vocali sono ricalcate tanto rabbiosamente da provocare piccole sbavature d’inchiostro. Testimoniano il disagio interiore, il sordo rancore, la voglia di ribellarsi d’una diciottenne dall’esistenza rubata. Per un decennio la penna è stata l’unica arma di questa creatura sfregiata. Violata quand’era bambina dal padre naturale, poi rinchiusa in un orfanotrofio eretto tra i quartieri dormitorio creati dal socialismo reale e, infine, affidata dal regime di Lukashenko a una coppia italiana. Il trasferimento nel Belpaese sembrava la fine d’un tenebroso incubo che, invece, doveva ancora cominciare. Maria, figlia della povertà del profondo est europeo, è finita in Italia grazie ad una adozione internazionale. Per lei e la sorellina non c’era più futuro nella “Russia bianca” perché i genitori, piegati dall’alcolismo, le avevano abbandonate. A Minsk erano rimaste senza affetti e senza casa. Chiuse in un istituto a lottare con la fame e le temperature polari. Così, quando un cinquantenne del Cosentino e la moglie hanno chiesto di poterle adottare sono stati ben accolti dai servizi sociali locali. La coppia, come prevede la rigida procedura di settore, ha dovuto trascorrere un mese in riva al fiume Dnepr per consentire alle due minori di abituarsi gradualmente ai nuovi affetti. Maria, che già a sei anni aveva subito un abuso sessuale dal padre ubriaco, è rimasta a dormire con il “papà” italiano, mentre la sorella con la madre adottiva. E sono cominciati i guai. Perché l’uomo ha subito mostrato –questo il racconto agghiacciante della vittima –la sua perversa natura, costringendola a dei rapporti amorosi. La bambina (aveva solo 9 anni) ha sopportato in silenzio, temendo altrimenti di non poter lasciare l’orfanotrofio. Non voleva più rimanere nel Paese dei laghi ghiacciati. Era meglio tenere la bocca chiusa, scommettendo su un futuro diverso. Arrivata in Italia, però, le turpi “attenzioni” del patrigno anziché diminuire sono aumentate. E per anni, mentre diventava adolescente, ha dovuto cedere alle insane “voglie” dell’adulto. Le violenze sessuali avvenivano in casa, in auto, durante i periodi di vacanza trascorsi al mare. Addirittura il genitore adottivo abusava di lei prima che entrasse in classe, quando in automobile l’accompagnava al mattino a scuola. Un inferno. Raccontato dalla ragazza, giorno dopo giorno, in un diario segreto. Ma il peggio di sé, il cinquantenne avrebbe dovuto ancora mostrarlo. Quando, infatti, Maria in due distinte occasioni ha tentato di legarsi sentimentalmente a dei coetanei, il patrigno ha scatenato la sua folle gelosia. Aggredendo, in tempi e circostanze diverse, i due malcapitati e apostrofando la figlia, al loro cospetto, con termini irripetibili. È stato a questo punto che la ragazza ha deciso di ribellarsi. Ha raccontato tutto alla madre adottiva e svelato al suo fidanzato la terribile verità nascosta a tutti per troppo tempo. Il luogotenente dei carabinieri, Cosimo Saponangelo, che conosce la città dei bruzi a menadito, ha saputo della storia da una vicina di casa della vittima. E così l’ha convocata in caserma. La diciottenne, subito scoppiata in un pianto liberatorio, ha svelato al sottufficiale l’esistenza della bolgia in cui era stata risucchiata. Una bolgia di cui ha parlato agli investigatori del capitano Pierluigi Satriano pure la sorella, a sua volta oggetto delle molestie sessuali del patrigno. Alle loro si sono poi aggiunte le dichiarazioni dei due ragazzi ai quali Maria aveva tentato di legarsi. E non è finita. Perché nessun dubbio sulla veridicità del racconto reso dalla figlia adottiva ha mostrato di avere la moglie del cinquantenne. Che ha addirittura condiviso la denuncia di Maria. Redatto un dettagliato rapporto investigativo, i carabinieri hanno spedito gli atti al pm Antonio Tridico e al procuratore capo Dario Granieri. Che non hanno esitato un attimo nel chiedere l’arresto del presunto violentatore. L’uomo è finito in manette ieri mattina, nell’ambito di un blitz coordinato personalmente dal colonnello Francesco Ferace. Tra le carte finite sul tavolo del Gip che ha firmato il provvedimento restrittivo sono rimaste in bella evidenza le pagine del “diario dei dolori”. Il contenuto fa rabbrividire: «Lui ti rende debole –scrive Maria –e cercherà di sbarrarti la strada più volte. Ti riempirà di ferite indelebili, farà in modo che tu rimanga nell’inferno insieme a lui. Ti soffocherà. Ma la realtà è che lui ha paura di ciò che puoi fare tu, anche se non ne trovi il coraggio perché pensi che lui ti voglia bene. Ti picchia, ti calpesta il cuore. Trova il coraggio dentro te! Dentro il tuo cuore perché in realtà tu non sei niente per lui. Sei fatta dei suoi divertimenti e delle tue sofferenze». La ragazza scrive come se desse dei consigli ad un’altra donna. Poi, però, cede alla disperazione e torna in prima persona. E scrive come se stesse urlando: «Ti odio, ti odio, ti odio...». Marca ogni lettera. Scarica sulla penna il peso dell’anima ferita. Compie il suo personalissimo esorcismo.
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