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Gioielliere a sua
insaputa, sospetto
furto d’identità

Ritrovarsi proprietario di una gioielleria ai più potrebbe sembrare una fortuna. Invece, al di là delle difficoltà e dei rischi di un mestiere ad elevata specializzazione, può provocare dei grossi scompensi. Soprattutto in chi scopre all’improvviso che il suo nome è stato utilizzato per creare una società impegnata nella rivendita di preziosi. A maggior ragione se quella gioielleria si trova in tutt’altro posto rispetto ai propri luoghi di residenza. Ha i tratti del paradosso la kafkiana vicenda che, nei mesi scorsi, ha turbato la placida esistenza di un cinquantenne residente in un centro della Valle dell’Esaro, la zona-cuscinetto tra l’area del Pollino e i colli di Cosenza. L’uomo ha inaspettatamente ricevuto una telefonata dai carabinieri del suo paese. «Venga in caserma, le dobbiamo parlare subito» gli hanno detto i militari dell’Arma entrati in possesso di alcuni strani documenti. Nei giorni precedenti a quella convocazione, infatti, erano stati ritrovati nelle vicinanze del capoluogo bruzio degli incartamenti intestati a una gioielleria di Rende. Quella documentazione era stata rinvenuta per strada, come se fosse della banale cartaccia gettata a terra chissà da chi. Sugli atti però compariva in bella mostra il nome del cinquantenne, che peraltro risulta inserito nell’elenco degli invalidi civili, indicato come il titolare della società a responsabilità limitata. Del resto, tutti i dati combaciavano: nome, cognome, data di nascita e indirizzo. Eppure, quando i militari hanno tirato fuori quei documenti l’uomo è letteralmente caduto dalle nuvole. Perché mai nella sua vita, soprattutto dopo quel problema fisico che lo ha costretto ad andare in pensione con netto anticipo rispetto ai tempi previsti, avrebbe pensato di finire a vendere anelli o collane.

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