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Sposta un dipinto,
prete nei guai

 L’estasi e il tormento fanno da architrave a una trama che affiora da un processo appena avviato. Un giudizio impalcato sull’opposizione al decreto penale col quale era stato condannato un sacerdote di 62 anni, don G.B., pastore da oltre un quarto di secolo di una delle più antiche parrocchie che sorgono alle porte di Cosenza. Al curato, l’autorità giudiziaria aveva inflitto la pena di due mesi d’arresto e 300 euro d’ammenda, trasformata poi in 15.300 euro di multa. Una punizione che sgorgava da un preciso reato previsto dal codice penale: senza autorizzazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali avrebbe spostato un bene d’interesse storico. Il bene in questione è una stupenda pala d’altare raffigurante l’Immacolata Concezione, dipinto risalente al Seicento. Un’opera assai importante e catalogata dalla Soprintendenza. E proprio per questo motivo, il parroco avrebbe pensato di mettere al sicuro il dipinto spostandolo dalla chiesa dell’Annunziata, dove era esposto al culto dei fedeli e a pericolose infiltrazioni di acqua, senza contare che l’impianto d’allarme era fuori uso. Così, avrebbe deciso di riportarlo tra le pie pareti del convento agostiniano, ricadente, comunque, tra gli edifici di culto parrocchiali. In sostanza, il pretino, in assoluta buona fede, ritenendo che la chiesa del convento, completamente restaurata e dotata di sistema di allarme, potesse preservare meglio l’opera realizzata in legno, avrebbe operato lo spostamento. Un provvedimento adottato, però, senza attendere la risposta del Ministero che, nel frattempo, aveva interpellato. Apriti cielo. Le buone intenzioni sono state ripagate col decreto di condanna che il religioso s’è visto recapitare in canonica. E siccome la legge terrena è diversa da quella divina, il sacerdote s’è dovuto “attrezzare” rivolgendosi a due legali per dimostrare la sua innocenza. Gli avvocati Rosa Ippolito e Nicola Molinari hanno impugnato il decreto di condanna. Il procedimento è ancora in corso e un perito, l’ingegnere Michele Perrone ha accertato che la pala era effettivamente in “pericolo” e che il prete avrebbe agito nell’interesse del bene pubblico 

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