Due carabinieri del Ris di Messina nell'abitazione di Franco Sansone, imputato nel processo per la morte di Roberta Lanzino per prelevare un campione della saliva. Il risultato dell'esame sarà sottoposto a comparazione con il profilo genetico estratto dalla zolla di terra prelevata 27 anni fa sotto il corpo della studentessa violentata ed uccisa nei boschi di Falconara il 26 luglio del 1988. Nella relazione presentata oggi in udienza il maggiore Carlo Romano ha spiegato come attraverso una particolare tecnica di lavaggio e centrifuga del materiale refertato, si è riusciti a ottenere tracce di sangue appartenenti a Roberta e di liquido seminale di un soggetto al momento ignoto. Sull'imputato, però, un esame è già stato effettuato, commissionato dalla difesa di Franco Sansone (accusato dell'omicidio della giovane) al professor Vincenzo Pascali che comparando il dna scovato nel terriccio con quello dell'imputato ha escluso la compatibilità dei profili genetici. "Non è di Franco Sansone il dna prelevato dal Ris di Messina perchè abbiamo già fatto il prelievo su quello del mio assistito". A sostenerlo l'avvocato Vincenzo Belvedere durante l'udienza dinanzi alla corte d'assise presieduta dal giudice Antonia Gallo, dando l'immediata disponibilitò a ripetere l'esame questa volta su richiesta della corte. La verifica sarà compiuta anche sui familiari in linea verticale di Luigi carbone, il pastore scomparso nel nulla, presunto complice di Sansone. Padre, madre e figli dell'uomo contribuiranno a stabilire la presenza o l'assenza di un nesso del proprio familiare con lo stupro e l'omicidio di Roberta. La prossima udienza fissata per il prossimo 4 febbraio
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