Rinvio a giudizio per i 47 indagati accusati di essere affiliati alla cosca 'Rango-Zingari' attiva su Cosenza e nell'hinterland E' questa la richiesta avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro nell'ambito delle inchieste scatirute nele due operazioni, la prima a prima del 27 novembre 2014 da Carabinieri e Polizia, nei confronti di 20 persone, tra cui i personaggi di vertice della cosca, tuttora detenuti al 41 bis. La seconda, invece, e' stata eseguita il 12 maggio scorso, nei confronti di 13 soggetti. I numeri della richiesta dell'accusa: 60 i capi di imputazione contestati agli indagati dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, 23 le persone chiamate a rispondere dell'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. Al vertice del gruppo, che ha stretto un patto federativo con i clan "Lanzino-Patitucci" e "Perna-Cicero-Musacco-Castiglia", ci sarebbe -secondo gli inquirenti - Maurizio Rango. La cosca, secondo l'accusa, aveva imposto la propria egemonia, soprattutto per le estorsioni, utilizzando le armi per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivita' economiche e di appalti pubblici, nonche' l'occupazione abusiva di alloggi popolari per rivenderli. Tra le accuse contestate anche quella di omicidio e occultamento di cadavere per l'uccisione del boss Luca Bruni. Il mandante, nella ricostruzione della Dda, sarebbe Franco Bruzzese, mentre Maurizio Rango, Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti ed Ettore Sottile avrebbero organizzato il delitto e preso parte alle fasi esecutive dell'omicidio nonche' all'occultamento del cadavere. Bruni, e' stato ricostruito, sarebbe stato ucciso per timore di una sua possibile collaborazione con la giustizia. Gli indagati lo avrebbero attirato in una trappola facendogli credere di recarsi a un incontro chiarificatore con gli allora latitanti Ettore Lanzino e Franco Presta. Decine, inoltre, le estorsioni contestate agli affiliati al clan. Individuati come parte offesa 30 tra imprenditori e commercianti.
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