Fu il pentito Adolfo Foggetti, dopo aver iniziato a collaborare, a portare i carabinieri nel luogo dove il corpo del boss Luca Bruni era stato sepolto. Fece alcuni giri e, poi, indicò il punto preciso. Si devono dunque al malavitoso che collabora con la magistratura antimafia il rinvenimento dei resti e la svolta poi avuta dalle indagini. L’ha confermato ieri, in Corte d’Assise, a Cosenza, uno degli investigatori che si occuparono del caso. Bruni scomparve il tre gennaio del 2012 ed i suoi resti, ormai decomposti, vennero rinvenuti in località Orto Matera di Castrolibero nel dicembre del 2014. Il quarantaduenne “reggente” del clan cosentino, uscito dal carcere chiese conto nel dicembre del 2011 del denaro destinato alla sua “famiglia”. Denaro che non era stato ritualmente corrisposto dalle altre consorterie. I suoi due più fedeli “amici”, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti, il tre gennaio del 2012 gli comunicarono che i due boss più importanti della provincia all’epoca latitanti volevano vederlo per chiarire ogni cosa. Non era vero. Bruni accettò l’appuntamento e venne ucciso.
Caricamento commenti
Commenta la notizia