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In sei mesi 176 bimbi mai nati

In sei mesi 176 bimbi mai nati

Una scelta dolorosa sotto tutti i punti di vista. Tutelata dallo Stato italiano semplicemente sulla carta, molto meno invece nei fatti. Ne sanno qualcosa all’ospedale “Santa Barbara” di Rogliano, unica struttura sanitaria del territorio ad applicare i dettami della famosa legge 194 del 1978, la normativa che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza. Nel reparto di day surgery, però, le cose non vanno affatto bene. Le 176 donne che dall’inizio dell’anno ad oggi hanno compiuto quel percorso di sofferenza che segna comunque la loro vita per sempre, infatti, sono state costrette ad affrontare l’incubo dell’aborto in condizioni al limite della civiltà. Gli spazi dell’ospedale roglianese sono infatti quelli che sono, comunque insufficienti a garantire la giusta privacy che meritano le pazienti in un momento così delicato della loro esistenza. Oltre al fatto che chiunque può circolare più o meno liberamente tra quei corridoi, infilando all’occorrenza il naso nelle stanze di degenza, va aggiunta un’altra circostanza particolarmente indigesta: in quell’unità operativa vengono ospitate insieme alle donne in attesa d’interrompere la propria gravidanza anche pazienti di diversa natura, persone cioè che si devono dedicare a piccoli interventi chirurgici, operazioni che non richiedono la necessità di disporre di una rianimazione. Un allucinante mix di sentimenti, aspettative e ansie che andrebbe sicuramente accompagnato da un maggior tatto. Perché chi deve mettere fine in anticipo al proprio stato interessante non dovrebbe stare accanto alla signora che, per esigenze reali oppure per gusto estetico, viene ricoverata per un intervento di chirurgia plastica al naso. Come in ogni ospedale calabrese che si rispetti, poi, anche in quel di Rogliano si fanno i conti con la carenza di personale. Ed è la segreteria provinciale della Uil-Fpl a denunciare disagi che crescono giorno dopo giorno nel day surgery del “Santa Barbara”. Il primo dato che salta all’occhio è l’esigua presenza di medici non obiettori pronti a rispettare la legge sull’interruzione di gravidanza, appena due a fronte di una richiesta decisamente alta. Per non parlare della coppia d’infermieri, uno professionale e l’altro generico, costretti a districarsi tra malati e scartoffie amministrative. Su di loro sta tra l’altro cadendo un’ulteriore tegola: la direzione medica di presidio e la direttrice sanitaria facente funzioni ha infatti disposto, a partire dal prossimo primo luglio, l’incremento delle sedute d’interruzione di gravidanza. Finora, del resto, le pazienti venivano ricoverate a gruppi di otto in un’unica giornata della settimana (conti alla mano siamo a circa 400 aborti all’anno). A luglio, invece, l’accesso garantito alle destinatarie della legge 194 verrà raddoppiato, con le sedute del martedì e del venerdì aperte ognuna a cinque pazienti (più un ulteriore spazio a disposizione dei casi d’emergenza). Il tutto al principio dell’estate, la stagione delle ferie che rischia di mandare in tilt il sistema. Il segretario regionale di Uil-Fpl, Elio Bartoletti, sottolinea che nonostante le numerose segnalazioni, l’Azienda ospedaliera cosentina non ha ancora preso al riguardo alcuna contromisura. Ci sono poi altri aspetti che mostrano la cruda e dura realtà del “Santa Barbara”.

Uno di quelli maggiormente sentiti è l’assenza d’una vigilanza in grado di tutelare la sicurezza del pers onale sanitario e delle stesse pazienti. Non è purtroppo raro che in quell’unità operativa arrivino donne straniere costrette a prostituirsi sulle strade della provincia. Donne a cui non viene permesso di rimanere incinte, spesso accompagnate in ospedale da gente poco raccomandabile. Gente che non si fa molti problemi a minacciare o alzare le mani, all’occorrenza anche contro medici o infermieri. L’ultima beffa d’una sanità troppo spesso incapace di stare realmente accanto ai cittadini, alleviando oltre ai dolori fisici gli strappi delle anime.

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