Catanzaro
I soldi della “bacinella” dei clan cosentini e quelli del calciatore di serie A. Una cassa comune che secondo la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sarebbe servita per finanziare prestiti a tassi usurai, capaci di toccare persino la quota del 30% mensile e con varie opzioni per l’estinzione del debito: le vittime, per lo più imprenditori, potevano scegliere fra il pagamento diretto in euro scroscianti o l’assunzione di personale indicato dalle cosche, passando per lavori edili eseguiti senza retribuzione.
Quest’ultimo sarebbe stato il caso di Francesco Modesto, crotonese di 34 anni, calciatore professionista con un passato di tutto rispetto tra Palermo, Genoa, Reggina, Ascoli, Parma, Bologna, Pescara, Cosenza e Crotone, dove appena 4 mesi ha festeggiato la promozione nel massimo campionato. Lui, oggi svincolato, avrebbe finanziato il giro di strozzinaggio attraverso i suoi guadagni utilizzati - secondo l’accusa - materialmente dal suocero Mimmo Castiglia per effettuare prestiti in nero. E a parziale estinzione di un debito, Modesto avrebbe usufruito di lavori edili gratuiti per realizzare la casa di Cosenza dove risiede.
Tutti gli elementi sono stati messi insieme dai Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, che hanno eseguito ieri un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 14 persone accusate di appartenere a un’organizzazione criminale dedita all’usura e all’estorsione, aggravate dalle finalità mafiose. Coinvolti anche ui presunti boss cosentini Francesco Patitucci e Maurizio Rango, già detenuti rispettivamente a Terni e Sassari.
Decisive sono risultate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Roberto Violetta Calabrese, ex contabile della presunta organizzazione, che avrebbero permesso di far luce sull’attività condotta delle cosche federate Lanzino-Cicero e Rango-Zingari, ritenute egemoni sulla città di Cosenza, utilizzando il denaro contante proveniente dalla cassa comune, la cosiddetta “bacinella”, della’'ndrangheta cosentina.
Per fermare sul nascere la collaborazione con la Giustizia di Roberto Violetta Calabrese, i clan cosentini avrebbero anche tentato di ucciderne il fratello Sandro. L’agguato viene ricostruito nell'ordinanza eseguita ieri ed è contestato al 50enne Mario Mandaliti. L’episodio risale al 6 marzo 2013 negli stessi istanti in cui il nuovo pentito stava rendendo le sue prime dichiarazioni ai pm della Dda. Secondo gli investigatori, quel pomeriggio due uomini a bordo di un’auto si sarebbero avvicinati al solarium di proprietà dei familiari del collaboratore di giustizia. Dietro i vetri dell’attività commerciale si trovavano il fratello e il padre del pentito. I due obiettivi del killer sarebbero però riusciti a salvarsi buttandosi a terra e schivando i due colpi sparati in rapida successione. Avvertito di quanto accaduto poco prima, Roberto Violetta Calabrese davanti ai magistrati che lo interrogavano ha fatto mettere a verbale: «Atteso quanto avvenuto sono ancora più determinato nel mio proposito di collaborare con la giustizia».
I particolari dell’operazione “Laqueo” sono stati illustrati ieri in conferenza stampa dai procuratori aggiunti di Catanzaro Vincenzo Luberto e Giovanni Bombardieri, alla presenza del capitano del Ros Giovanni Migliavacca e del colonnello Milko Verticchio, comandante del Reparto operativo del Comando provinciale dei Carabinieri di Cosenza. «I prestiti a usura sono i Bot della criminalità organizzata», ha spiegato il primo. «I personaggi coinvolti nell’inchiesta – ha aggiunto lo stesso Luberto – dimostrano come la ‘ndrangheta gestisca in prima persona il mercato dell’usura». Una presenza tutt’altro che nascosta alle vittime, intimorite proprio dalla consapevolezza che i soldi prestati venivano direttamente dalla “bacinella” della cosca.
Da parte sua, Bombardieri ha lanciato un appello ai calabresi: «È importante il ruolo della società civile che deve stare accanto a chi denuncia. Più che le minacce è l’isolamento a portare i testimoni di giustizia fuori dalla Calabria. È successo che negozi che erano pieni di clienti si svuotavano dopo le denunce del commerciante; in passato chi si è ribellato al potere dei clan è stato isolato». E non a caso, secondo Luberto, «denunciare conviene anche economicamente», considerato che alle vittime degli strozzini «si garantisce l’accesso ai fondi antiusura».
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Gli arrestati
Tredici in carcereuno ai domiciliari
L’ordinanza di custodia cautelare coinvolge: Giancarlo Bevilacqua, 49 anni, di Cosenza; Massimo Brunetti, 55 anni, di Cosenza (in atto già detenuto per altra causa); Luisiano Castiglia alias “Mimmo”, 63 anni, di Cosenza; Ermanna Costanzo, 62 anni, di Cosenza; Giuseppe De Cicco, 37 anni, di Cosenza; Domenico Fusinato, 48 anni, di Cosenza; Giuseppe Garofalo, 54 anni, di Cosenza; Giovanni Guarasci, 77 anni, di Mangone (finito agli arresti domiciliari); Danilo Magurno, 30 anni, di Cosenza; Francesco Magurno, 59 anni, di Mangone; Mario Mandoliti, 50 anni, di Cosenza; Francesco Antonio Modesto, 34 anni, di Crotone; Francesco Patitucci, 55 anni, di Rende (già detenuto per altra causa); Maurizio Rango, 40 anni, di Cosenza (già detenuto per altra causa).
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