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Il “cuore” di Cosenza
ad alto rischio di crolli

Il “cuore” di Cosenza ad alto rischio di crolli

La città da puntellare in fretta. Edifici importanti, centrali per la vita pubblica bruzia, caratterizzati da indici di vulnerabilità ben oltre il limite di guardia. Un fattore passato sottotraccia per decenni, contro il quale si sbatte davanti a tragedie come quella del terremoto di Amatrice, morti e distruzione troppo spesso agevolati dall’imperizia umana. Un elenco dettagliato delle strutture potenzialmente a rischio lo fa l’ormai noto rapporto Barberi, un vero e proprio censimento stilato da centinaia di tecnici nel Duemila. Un documento scientifico datato ma «più che mai attuale e veritiero», come ha detto nei giorni scorsi il geologo Carlo Tansi, responsabile della Protezione civile calabrese.

I metodi d’analisi

Lo studio realizzato in due anni grazie all’impulso dell’allora capo della Protezione civile nazionale, il professor Franco Barberi, riporta analiticamente numerose informazioni: tipologia del fabbricato (muratura e calcestruzzo), indirizzo, età dell’edifico, tipo di utilizzo, volume e soprattutto il grado di vulnerabilità. Quest’ultimo dato viene diversificato secondo questa classificazione: “A” sta per rischio alto, “MA” per rischio medio alto, “MB” vuol dire medio basso e infine “B” per indicare un basso grado di vulnerabilità.

Uffici, scuole e chiese

Andando a spulciare nella lista cosentina spuntano fuori ben 295 edifici, molti dei quali nel cuore della città e nel centro storico. Ma non solo, c’è anche la periferia e le numerose scuole che le popolano. Proprio a proposito degli istituti d’istruzione se ne contano: 3 a rischio medio alto costruiti in muratura, 2 a rischio alto in calcestruzzo, 22 a rischio medio alto sempre in calcestruzzo. Tra le altre strutture con il massimo grado di vulnerabilità rilevata spiccano la sede della polizia municipale in via Bendicenti, l’ex seconda circoscrizione di Sant’Ippolito, Palazzo Ferraro, gli uffici Aterp nell’ex hotel Jolly e il complesso monastico di San Francesco di Paola. Sul gradino immediatamente più basso sono invece attestati luoghi come la Biblioteca nazionale, il Palazzo della Provincia, le Poste centrali di via Vittorio Veneto, la Camera di commercio, il comando dei vigili del fuoco in viale della Repubblica, il Tribunale, l’ospedale Mariano Santo, diversi blocchi dell’ospedale dell’Annunziata e il convento di San Francesco d’Assisi. Solo una manciata gli edifici che evidenziano il livello minimo di vulnerabilità, su tutti la sede della polizia stradale in via Popilia e l’istituto di zooprofilassi in via Panebianco.

Oltre il Campagnano

Rende, grazie a uno sviluppo urbanistico di gran lunga più armonioso rispetto a quello di Cosenza, può vantare dati maggiormente rassicuranti. Sui 223 edifici censiti, nessuno rientra nel massimo grado di vulnerabilità. Di quelli realizzati in muratura, soltanto uno viene considerato a rischio medio basso. Mentre tutto il resto, tra cui alcune scuole, desta una preoccupazione minima. Qualche pecca si registra invece per le strutture in calcestruzzo. Rientrano ad esempio nel livello di vulnerabilità medio alto: diversi fabbricati dell’Università della Calabria, tra cui le maisonettes e il polifunzionale; i centri sociali di Saporito e viale dei Giardini; l’ex mattatoio; la palestra comunale di Quattromiglia; il poliambulatorio; alcuni istituti scolastici. Un risultato tutto sommato buono, soprattutto se confrontato con i “dirimpettai” del capoluogo. Ma la guardia non va mai abbassata mai. A maggior ragione in una terra come quella di Calabria, soggetta ad un elevato rischio sismico.

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