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Trovato con arma in auto, condannato il boss Patitucci

Trovato con arma in auto, condannato il boss Patitucci

Due anni e otto mesi è la pena che il tribunale di Cosenza, ieri mattina, ha comminato a Francesco Patitucci. L’uomo, di cinquantacinque anni, difeso dagli avvocati Marcello Manna, Luigi Gullo e Laura Gaetano, era accusato di detenzione illegale di arma clandestina. Nel corso della requisitoria, il pubblico ministero Giuseppe Visconti, aveva chiesto la condanna a tre anni e otto mesi.

Il cinquantacinquenne – che fra l’altro è ritenuto dalla Dda di Catanzaro il reggente del clan Lanzino e il suo nome compare in buona parte delle inchieste condotte dai magistrati antimafia tra Cosenza e Rende – era stato arrestato il 19 febbraio scorso dai carabinieri del Comando provinciale. I militari dell’Arma gli avevano dato l’alt a un posto di blocco allestito in viale parco Giacomo Mancini. Patitucci, che era uscito dal carcere a settembre del 2015 – dopo aver scontato la pena incassata al termine del processo “Terminator” che aveva fatto luce sul racket delle estorsioni nel circondario dell’area urbana bruzia – non solo si trovava fuori dal territorio di Rende dov’era sottoposto al provvedimento della sorveglianza speciale e dell’obbligo di dimora, ma s’era messo al volante dell’auto, sulla quale viaggiava, senza patente. La contingenza ha determinato un’approfondimento da parte dei militari dell’Arma e nel corso della perquisizione del veicolo è saltata fuori la pistola con matricola punzonata. Per il presunto boss quindi sono scattate le manette. Nel corso del processo, l’uomo – che viene indicato dal pentito Adolfo Foggetti come il detentore della bacinella dei clan che operano nel territorio cosentino – ha dichiarato che quell’arma serviva per la sua incolumità, visto che negli ultimi tempi temeva per la sua vita.

Secondo le dichiarazioni dei pentiti, Francesco Patitucci, dopo l’arresto di Ettore Lanzino, avrebbe preso in mano le redini del clan rivestendo il ruolo di capo della nuova criminalità confederata di Cosenza. Il presunto boss, sempre secondo il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti, sarebbe stato – insieme a Roberto Porcaro – uno dei mandanti dell’omicidio di Luca Bruni, i cui resti sono stati trovati nel mese di marzo dell’anno scorso, a distanza di tre anni dalla sua sparizione, in una di campagna nel territorio di Castrolibero.

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