Cosenza
La morte. Che bussa alla porta d’una famiglia felice in una calda mattina d’estate. Nessuno l’aspetta, tutti l’immaginano lontana. E, invece, la morte strappa la vita ad un bambino di quattro anni. Un bimbo solare, spensierato, contento di trascorrere in piscina quel giorno che gli appare come un assaggio di vacanza. S’è svegliato di buon mattino con l’umore altissimo immaginando l’inizio di un’avventura: l’acqua, il nuoto, i tanti piccoli compagni di giochi. Doveva sembrargli un favola diventata realtà. Il bimbo si chiamava Giancarlo Esposito ed è morto annegato. È stata la madre, con dignitoso dolore, a raccontare quella tragica giornata. La donna è stata sentita nel processo istruito dal pm Maria Francesca Cerchiara, nei confronti di Carmine Manna (legale rappresentante della società che gestisce la piscina), e delle educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Gli imputati, per negligenza, imperizia e imprudenza avrebbero causato la morte del piccolo, deceduto per «insufficienza respiratoria acuta conseguente ad asfissia meccanica, violenta e primitiva, determinata da annegamento in acqua dolce (piscina)».
Ma ecco il racconto della madre: «Giancarlo era al suo primo giorno di attività nella struttura - spiega la donna -. Non ci chiesero alcun tipo di informazioni: solo a lui direttamente chiesero se sapesse nuotare. L’ho visto entrare con un palloncino in mano e capofila, ci salutava tranquillo, quello è stato l’ultimo istante che ho visto mio figlio vivo. Io – continua la mamma – quella mattina ero un po’ apprensiva ma ricordo bene che Franca Manna, una delle imputate, mi rassicurò dicendo che loro facevano questo lavoro da vent’anni. Rassicurati io e mio marito siamo andati via, dopo un’ora ho ricevuto la telefonata che mi diceva che Giancarlo stava male. Arrivata in ospedale non mi facevano entrare nella stanza del pronto soccorso, ma vedevo tutti piangere e sentivo dire che aveva bevuto acqua. Quando sono riuscita a vederlo per qualche minuto Giancarlo era cianotico. Da quel momento è iniziato il nostro calvario». Rispondendo alle domande dei legali, la mamma del piccolo ha ricordato che una settimana dopo la tragedia ha ricevuto una lettera da Carmine Manna che «era addolorato per quanto accaduto e che anche lui voleva sapere la verità e capire che cosa fosse successo. Ha detto che capiva che cosa provassimo perché anche lui ha un bimbo della stessa età di nostro figlio, che pure si chiama Giancarlo». Il giudice, Enrico Didedda che presiede il Tribunale, ha disposto l’acquisizione agli atti della lettera. La donna ha pure riferito che dopo la tragedia ha cambiato casa. « «Non ho più voluto abitare in quella casa perché non riuscivo a vedere le sue cose - ha detto la mamma -: non potevo vedere in giro il suo pigiamino. Io non riuscivo ad andare al lavoro e ancora adesso tremo ogni volta che squilla il telefono. Mi chiedo sempre se in quel momento avesse avuto bisogno di noi».
Focus
Una deposizione drammatica. La mama di Giancarlo Esposito, il bimbo di 4 anni deceduto il 2 luglio del 2014 nella piscina comunale di Cosenza, ha deposto ieri davanti al Tribunale. La donna ha ricostruito quella tragica mattina d’estate. Giancarlo era al suo primo giorno di attività nella struttura dedicata ai più piccoli e chiamata Kinder Garden. Per la tragedia sono stati rinviati a giudizio Carmine Manna (legale rappresentante della società), e le educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Gli imputati, per negligenza, imperizia e imprudenza avrebbero causato la morte del piccolo, deceduto per «insufficienza respiratoria acuta conseguente ad asfissia meccanica, violenta e primitiva, determinata da annegamento in acqua dolce (piscina)». Il Tribunale è presieduto da Enrico Di Dedda
Caricamento commenti
Commenta la notizia