Un normale controllo di polizia. Gli agenti della Volante fermano una Fiat 500 che transita per una via del centro di Cosenza: alla guida c’è un uomo che esibisce una patente regolarmente rilasciata da una prefettura calabrese. Il conducente, però, ha precedenti penali ed i poliziotti s’insospettiscono. Alla sala operativa chiedono perciò riferimenti sul veicolo ed arriva la sorpresa: la vettura è intestata a Patrick Assisi, trafficante internazionale di droga e latitante. Non solo: l’utilitaria è sottoposta a provvedimento di sequestro per ordine del tribunale di Torino. Fa parte, infatti, del patrimonio sospetto della famiglia Assisi. Che non è una famiglia di proprietari terrieri o di ricchi industriali piemontesi, ma una holding specializzata nel traffico internazionale di cocaina. Nicola Assisi, originario di Grimaldi, piccolo centro collinare del cosentino, figura tra i 30 ricercati più pericolosi d’Italia e deve scontare una condanna definitiva 14 anni e 4 mesi di reclusione. Le patrie galere l’attendono – indarno – dal 6 novembre del 2007, da quando la pena è passata in giudicato. Il sessantenne calabrese ed il suo gruppo sarebbero responsabili, negli ultimi anni, dello smercio dal Brasile e da Panama di 1000 chili di cocaina verso l’Italia. Come dimostra una monumentale indagine condotta dal Gico di Torino nel 2014, erano loro i 417 chili di “polvere bianca” complessivamente sequestrati nei porti di Valencia (Spagna) e Gioia Tauro tra il 26 giugno e il 16 settembre del 2014. La droga era partita a bordo delle navi “Abdjan”, “Alghero”, “Alicante”, “Coruna” e “Leanne” dagli scali di Santos (Brasile) e Maribal (Panama) diretti nella cittadina calabrese con sosta a Valencia. Per trasferire i carichi nel nostro Paese veniva usata la tecnica del rip-off dentro i container imbarcati sui cargo. Quale fosse (e ancora sia) la potenza economica del “narcos” partito da Grimaldi è testimoniato dal ritrovamento di tre milioni e 900 mila euro in contanti trovati dai finanzieri sotterrati in un piccolo podere di San Giusto Canavese, amena località piemontese. Perfettamente sigillati all’interno di contenitori in plastica, i soldi non erano stati affatto scalfiti dall’umidità. A San Giusto “don Nicola” aveva messo su casa sposando Rosalia Falletta, nomade sinta, una figura carismatica, la “contabile” del sodalizio condannata, nel settembre del 2016, a 8 anni e 6 mesi di reclusione. Con lei, che ha scelto il rito abbreviato, sono stati condannati a 13 anni e 10 mesi pure l’altro figlio, Pasquale Micheal Assisi e Antonio Agresta (19 anni la pena inflitta) zio del pentito di ‘ndrangheta Domenico Agresta, detto “Micu Mcdonald”, che sta facendo tremare le cosche impiantatesi sotto la Mole. Ma che ci faceva l’auto di Patrick Assisi, a Cosenza, guidata da una vecchia conoscenza delle forze di polizia?
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