Cosenza
Tradimenti, depistaggi, sospetti e quei vestiti sporchi che potrebbero firmare il delitto. Resta avvitato attorno agli stessi elementi-chiave il processo sul triplice omicidio di Cassano che indignò l’Italia perché assieme a Peppe Iannicelli e alla sua fidanzata marocchina Betty Taouss fu ucciso e bruciato anche il piccolo Cocò Campilongo. Un bambino di tre anni, senza colpe.
Ieri mattina dinanzi alla corte d’assise di Cosenza (presidente Giovanni Garofalo, a latere Francesca De Vuouono) è stato sentito Francesco Cavaliere, giovane cassanese amico del figlio di Giuseppe Iannicelli che porta il suo stesso nome. In risposta alle domande del pm Sarverio Vertuccio, in aula al posto del procuratore antimafia Vincenzo Luberto, il ragazzo ha raccontato quanto avvenne la sera e la notte di quel giovedì quando si persero le tracce della Fiat Grande Punto con a bordo i tre, trovati solo tre giorni dopo, domenica mattina, nelle campagne alla periferia di Cassano da un cacciatore che passava da lì per caso. Era il 19 gennaio 2014.
Cavaliere ha ricordato che assieme a Giuseppe Iannicelli junior cercarono il padre e attorno a mezzanotte passarono dalla casa in cui viveva con la fidanzata ma trovarono la porta chiusa. Quindi ha rivelato che Iannicelli inviava dei messaggi all’ex fidanzata che è la figlia di Cosimo Donato, detto “topo”, uno dei due imputati del processo assieme a Faustino Campilongo inteso come “panzetta”. Proprio i presunti killer si fecero vivi più tardi, a Cassano, dialogando col figlio di Peppe Iannicelli che in quel momento si sarebbe accorto dei loro vestiti e delle mani sporche.
Un altro punto cruciale dell’udienza di ieri è arrivata nel corso del controesame del teste condotto dagli avvocati Ettore Zagarese e Vittorio Franco, i quali assieme a Mauro Cordasco difendono i due presunti assassini che secondo l’accusa avrebbero attirato in una trappola Iannicelli, per conto del quale spacciavano droga, per eliminarlo in quanto divenuto un personaggio scomodo e con l’obiettivo di aumentare il loro potere criminale.
Incalzato dai penalisti, Cavaliere ha spiegato di soffrire d’una forma allergica che gli impedisce di sentire bene gli odori. Quella notte, quindi, non potè fiutare la puzza di carne bruciata che sarebbe stata provocata dalla combustione dei tre cadaveri nell’auto parcheggiata poco lontano da una masseria abbandonata. Cavaliere ha perciò aggiunto che fu Giuseppe Iannicelli junior a sentire il tanfo, riferendoglielo.
Ieri è stato escusso pure il cugino del papà del piccolo Cocò, anche lui quella sera coinvolto nelle ricerca dei tre scomparsi. Si tornerà in aula mercoledì 3 maggio.
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