Prima o poi bisognerà tirare le somme di tutta quella droga sequestrata nel comprensorio dell’area urbana. Un giorno o l’altro, chissà, potrebbe essere opportuno mettere in colonna i grammi e chili delle sostanze stupefacenti recuperate dalle forze dell’ordine non solo nei fine settimana ma anche a tarda ora delle serate ordinarie, normali, quelle che si dovrebbe andare a letto presto che poi l’indomani si va a lavoro o a lezione all’università.
Laggiù in fondo ci sarà pure qualcuno che avrà, ancora, il coraggio (o la spudoratezza) di parlare di semplice voglia trasgressione: ma i numeri gli daranno evidentemente torto. E se non proprio i numeri (solo l’altro ieri i carabinieri del Comando provinciale hanno sequestrato circa sette chili di sostanze tra il capoluogo e Rende) concorrerà la contingenza dell’esistenza, in via Popilia, d’un appartamento dello sballo gestito – secondo quanto hanno avuto modo d’accertare i carabinieri della Compagnia cittadina – da un uomo e una donna. A un simile monumento appare difficile appiccicare l’etichetta della trasgressione: questo è vizio, abitudine, routine: se ne facciano una ragione i benpensanti ai quali andrebbe spiegato che la parola giusta potrebbe essere (in un momento estremo di pigrizia semantica) dipendenza. Stava lì, in uno di quei palazzi popolari, questa casa chiusa della droga. Si andava, ci si drogava in solitudine o in compagnia e poi, presumibilmente, si pagava il dovuto e tanti saluti (manco fosse una fumeria d’oppio orientale) fino al prossimo viaggio, al prossimo sballo, al prossimo appuntamento col vizio e la dipendenza.
Bisognerà domandarsi, allora, di che colore è quel mondo circoscritto in un appartamento d’uno stabile di foggia popolare dove si va a bussare per farsi offrire (a tanto al chilo) viaggi psichedelici provocati non solo dalla marijuana o dall’hascisc, ma dalle pasticche d’ecstasy o dai funghetti allucinogeni al cui cospetto le droghe tradizionali appaiono come acqua fresca benché siano pericolose (in barba a chi vorrebbe renderle legali). Di che colore è, poi, il mondo di quel giovane universitario scappato, sempre l’altro ieri, a Commenda, alla vista dei carabinieri manco fosse il numero uno della lista dei latitanti più famosi. Nello zainetto che portava in spalla, dopotutto, poteva anche avere libri, tablet o robe simili. Se l’è data a gambe perché in quella sacca trasportava un congruo quantitativo d’erba (quella che si fuma non quella che si dà da mangiare al coniglietto da salotto). Un niente a confronto di quello che deteneva in casa. Due episodi quelli dell’altro ieri che, al di là della loro valenza assoluta, rappresentano un fatto relativo, una goccia nel mare alla lotta all’attività di spaccio che quotidianamente immette nuovi additivi in quel variegato ventaglio di stupefacenti che ha ormai saturato l’area urbana.(e.o.)
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