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I clan già “viaggiano”
sulla nuova 106

I clan già “viaggiano” sulla nuova 106

Tremavano tutti come foglie mercoledì mattina davanti a quel cadavere. Tremavano e tremano ancora, a distanza di giorni. La grande paura attraversa le strade dei lidi di Villapiana, entra nelle botteghe, nei negozi, persino nelle case. La ’ndrangheta è tornata a sparare anticipando l’arrivo delle ruspe. La nuova Statale 106 Jonica è un progetto d’oro con i suoi 1.300 milioni di euro di cemento e asfalto che serviranno a collegare Roseto Capo Spulico a Sibari. Un miliardo e trecento milioni che disegneranno una strada moderna, comoda e sicura. Una infrastruttura che è nata solo sulla carta. Una carta che è già intrisa di sangue. Una carta che canta e che racconta di un’opera attesa da anni e che, con i cantieri, porterà sviluppo e lavoro. Un progetto che comincia da un omicidio eccellente. Kalashnikov e pistole hanno spazzato via il capo di quest’area e piegato il sistema di potere che quell’uomo era riuscito a creare. Un meccanismo in grado di generare ricchezza con il sistema degli appalti. Nel granaio di Portoraro finivano i soldi delle opere che in questi anni erano fiorite nella sua area. E pensava di poter trattare anche la “106” con lo stesso sistema, come se fosse cosa sua. Un errore pagato con la vita. Zingari e coriglianesi l’hanno ammazzato, nonostante le amicizie con alcune delle famiglie reggine che gli avevano riconosciuto pubblicamente i “meriti”. Certo, dopo il blitz “Stige”, che aveva cancellato il vertice del crimine di Cirò, si sentiva un po’ più scoperto ma ugualmente al sicuro grazie alla doppia “immunità”. Gli equilibri, però, sono saltati con quei 36 proiettili. Il delitto conferma che i nuovi padroni non sono più disposti a riconoscere il potere di una volta. È l’inizio di una nuova guerra? Forse no. Gli investigatori dell’antimafia sono cauti, convinti che si sia trattato di un delitto “necessario”, probabilmente autorizzato dalle stesse famiglie mafiose della Calabria meridionale per superare un problema. Il probvlema aveva un nome: Portoraro. Probabilmente è stato scaricato anche dai vecchi amici reggini per la sua determinazione a non arretrare sulla Statale 106.

Un tradimento che sarebbe stato deciso subito dopo un summit nel Cosentino, al quale avrebbero partecipato il boss ucciso e i capi dei mandamenti di Cassano, Doria e Corigliano. Certe voci raccontano che a mediare il confronto sarebbe arrivato un “notabile” da Platì. Posizioni nette attorno quel tavolo. Da una parte Portoraro, boss per eredità, con tanti agganci nei salotti mafiosi della regione. Dall’altra, nuovi e vecchi capi clan di Cassano, Doria e Corigliano con mentalità da gangster, capaci di sparare prima ancora di discutere. L’inviato delle famiglie reggine avrebbe provato inutilmente a smussare gli spigoli. Il tentativo di mediazione si sarebbe arenato davanti a insanabili divergenze. Una conclusione che ha spianato la strada al regolamento di conti. Così la Statale 106 Jonica è già diventata patrimonio della ’ndrangheta.

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