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“La Calabria delle meraviglie”, il viaggio di Arcangelo Badolati contro stereotipi e 'Ndrangheta

Gli sacvi archeologici di SIbari

Tutt'altro che mafia. “La Calabria delle meraviglie”: s'intitola così l'ultimo libro di Arcangelo Badolati (edito dalla Pellegrini, 250 pagine). Un'opera contro gli stereotipi, i luoghi comuni e le 'ndrine che hanno per un secolo offeso la regione. Il testo verrà presentato in anteprima nazionale mercoledì 21 luglio, alle 18,30, nel suggestivo scenario del Chiostro di San Domenico, a Cosenza. Interverranno il manager e imprenditore dello spettacolo Lucio Presta, che ne ha curato la prefazione e il professore di Letteratura dell'Università della Calabria, Nuccio Ordine. Sono previsti gli indirizzi di saluto dell'assessore regionale al Turismo, Fausto Orsomarso e del Presidente della Provincia di Cosenza, Franco Iacucci. Aprirà la manifestazione la giornalista Antonietta Cozza che condurrà la serata insieme con Ginevra Vercillo. Offriranno il loro contributo artistico l'autrice e vocalist Rosa Martirano, l'attrice e regista Emilia Brandi e l'autore e attore Lindo Nudo, fondatore dello storica compagnia teatrale “Rossosimona”. I diritti dell'autore del volume andranno come sempre interamente in beneficenza.

Arcangelo Badolati, considerato uno dei più importanti studiosi italiani della 'ndrangheta, giornalista da trent'anni a Gazzetta del Sud, autore di venti testi sui fenomeni criminali pubblicati in Italia e all'estero e, da tre anni, coordinatore del comitato scientifico dell'Osservatorio nazionale “Falcone – Borsellino”, racconta la Calabria al contrario. Come? Svelando che in ogni luogo caratterizzato dalla presenza delle 'ndrine esistono, al contrario, cose meravigliose. E' uno studio originale ed entusiasmante che consente al mondo di guardare alla regione con un occhio finalmente diverso. L'autore parla di donne e uomini calabresi che hanno segnato con le loro intuizioni culturali ed artistiche la storia della umanità. Ci sono la filosofa crotonese Theanò, il cosentino Bernardino Telesio, il silano Gioacchino da Fiore, il reggino Tommaso Campanella, il monteleonese Vito Capialbi, lo squillacese Aurelio Magno Cassiodoro, il tavernese Mattia Preti, il palmese Francesco Cilea, il cittanovese Alberto Cavaliere. Badolati, compiendo un viaggio nella storia e nell'archeologia, dimostra come la Calabria sia ricca di città sepolte e intrisa di miti legati ad Omero e Ovidio. E come sia stata la terra natia di legislatori, architetti, poeti, condottieri e atleti dell’antichità. Terra di Papi dimenticati, di Santi ed eremiti, di greci e bizantini. Madre segreta dei Bronzi di Riace e del Toro cozzante di Sibari, come dei misteriosi “monumenti” di pietra di Nardodipace, Stilo, Campana e Davoli. La Calabria ha conquistato, con le mille tracce del suo passato, il cuore di archeologi di fama come Paolo Orsi e di glottologi d’infinita curiosità scientifica come Gerhard Rohlfs. «È la Calabria affascinante che raccontiamo poco – spiega l'autore - quella in cui giacciono nascosti da secoli gli “arnesi” usati da Epeo per costruire il celeberrimo cavallo di Troia e dove sorgeva Thurii, la città disegnata per ordine di Pericle da Ippodamo da Mileto, l’urbanista più famoso del mondo ellenico. Thurii, che sorse nella Sibaritide, fu amata dai filosofi Protagora ed Empedocle così come dall’oratore Lisia (quello delle versioni in classe che gli studenti dei Licei classici italiani tanto... amano). Essa dette i natali al più importante degli imperatori romani, Cesare Ottaviano Augusto, chiamato per questo “il thuriino”. Il condottiero rivendicò la sua origine con orgoglio al cospetto di Marco Antonio che, invece, si mostrava sul punto sarcastico e irriverente. Thurii fu molto cara pure allo storico Erodoto che li vi scrisse le “Storie” e forse vi morì. Nella medesima zona sorgeva, ancor prima, la mitica Sybaris, nota come la “comunità degli ozi” perché i suoi abitanti amavano discettare di filosofia e astronomia, vivendo tra musiche, belle donne, vino pregiato e cibi prelibati».

La Calabria è pure la patria di Zaleuco da Locri, il primo legislatore dell’umanità, e di Nosside, poetessa di straordinaria audacia culturale che può considerarsi pari a Saffo. A Scilla può invece ricondursi l’opera del “poeta cieco” Omero, che vi colloca nell’Odissea il passaggio drammatico di Ulisse, così come alle scogliere del mare dal colore viola è legata la leggenda di Glauco e del suo amore impossibile. Oreste, figlio di Clitennestra, è raccontato dal golfo naturale di Rovaglioso, a Palmi, dove il principe greco approdò per cercare un fiume, il Metauros, ove immergersi per scampare alla furia delle Erinni (Tisifone, Megera e Aletto) che lo perseguitavano dopo l’omicidio della madre. E lungo il fiume cercato disperatamente dall’acheo visse un altro poeta cieco dell’antichità, Stesicoro, a cui a Gioia Tauro sono dedicati spazi pubblici. A Reggio e Vibo è legata la vita di Marco Tullio Cicerone, politico ed oratore romano che vi trascorse dei periodi di permanenza durante gli spostamenti compiuti per raggiungere la Sicilia. In Calabria sorsero, oltre Locri, Sybaris e Thurii, città importantissime come Temesa, Kroton, Nepetia, Medma, Taureanum, Laos, Kaulon, Hypponion, Reghion, Mella, Castrum Villarum, che hanno segnato la storia prima greca e poi romana. Basta infatti scavare da qualche parte, in un punto qualsiasi delle aree costiere e collinari, che vengono fuori vestigia di comunità, necropoli, monete, anfore, suppellettili, in una strana sovrapposizione di epoche e civiltà, di popoli e storie, di resistenti e conquistatori. E che dire, poi, della città “scomparsa” di Petelia, che lo studioso francese Francois Lenormant ha da tempo collocato nel comprensorio di Strongoli. Una tesi smentita dallo studioso cosentino Luigi Palermo che colloca la più antica città dopo Troia fondata da Filottete, ai piedi «d’una collinetta della Sila Greca» ove sorgono le rovine Castiglione di Paludi (Cosenza). Quelle antiche mura sarebbero proprio di Petelia la città che ebbe l’onere – come racconta Tito Livio – di resistere per undici mesi all’assedio dell’esercito di Annibale. La Calabria è pure terra di Santi come testimoniano le straordinarie esistenze di Fantino di Taureana, Elia lo speleota di Melicuccà, Nilo di Rossano, Francesco il taumaturgo di Paola, Umile di Bisignano, Nicola Saggio di Longobardi. Chiese, monasteri e santuari d’incommensurabile bellezza li ricordano a turisti e visitatori occasionali. Ma la Calabria è pure terra di Papi: dalla diocesi di Thurii, nei primi secoli del Cristianesimo, arrivano infatti a Roma i pontefici Telesforo e Dionisio. Due Papi incredibilmente dimenticati da tutti noi.

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