Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Cosenza, vali davvero 50 punti? Ascolta chi ti guarda con gli occhi di Benji, il bimbo che ha venduto la playstation per seguire un sogno

Si chiudano gli occhi, anche solo se per qualche istante. E si provi a dimenticare che nel calcio esistono le vittorie, le sconfitte e i pareggi, ma che si scenda in campo esclusivamente per misurare la propria forza (o debolezza) e ostentare la propria bellezza (o bruttezza). Difficile, quasi impossibile. E allora si cerchi di “cancellare” con un colpo di spugna il concetto di categoria: niente più serie A, B, C o Interregionale, ma solo un undici da tifare e commentare. Questa opzione è già più credibile, se solo si pensi che una squadra in piena lotta per non retrocedere in C, in una partita decisiva, può superare ampiamente i diecimila spettatori, mentre alcune partite di serie A stentano a toccare quota 8-9mila unità. Perché non è (solo) una questione di categoria - appunto - ma di obiettivi, di aspettative, di carico di quantità di adrenalina che scorre nelle vene. Ecco perché un Cosenza-Brescia - finale playout di B - vale più di un match interlocutorio tra due squadre di metà classifica in A.

Vorrei... ma non posso

Già, il Cosenza. Una delle “creature” più interessanti della cadetteria targata 2023-2024. Guidata da un allenatore intraprendente, amante del bel calcio e sponsor della tecnica: il calabrese Fabio Caserta. No, ai rossoblù - di base - non verrebbe chiesto nient'altro che una salvezza tranquilla. Ma non perché l'organico a disposizione dell'ex giocatore del Lecce valga un dodicesimo/tredicesimo posto; semmai per altri due motivi: la B è un campionato disegnato dal diavolo, in grado di mandare all'inferno anche chi ha la coscienza a posto, ha fatto di tutto per mantenere la categoria, magari spendendo quanto chi dal purgatorio raggiungerà il paradiso (si pensi che nella passata stagione hanno lasciato la terra cadetta Spal e Benevento inserite - quanto meno - nella parte destra della classifica dal 90% dei pronosticanti prima dell'avvio del campionato 2022-2023); l'altra ragione è il (recente) passato, retaggio, fardello pesantissimo per un Cosenza che da quando ha fatto ritorno in B è stato costretto sempre a strisciare nei bassifondi della graduatoria, restando costantemente appeso al filo della speranza chiamato playout. Due ottime motivazioni - soprattutto la prima - per accontentarsi? Perché di questo parliamo: i rossoblù sembrano quasi soddisfatti da una consapevolezza: questa squadra è un'altra roba rispetto al passato, fermiamoci qui, senza voli pindarici. Un discorso che non fa una piega. Ma il Cosenza, appunto, è un'altra roba. Per intenderci, a gennaio non sarà necessaria nessuna “botta” di botulino. Nessuno, stavolta, si affannerà a staccare dagli armadietti le etichette con 8-9 nomi di giocatori per far spazio ad altri, come accaduto sistematicamente nell'ultimo quinquennio. Un pokerista direbbe “Servito!”. O quasi. Ciò significa che la squadra è competitiva. Sì, ma per cosa? Per lottare e forse anche per sognare qualcosa in più di una salvezza conquistata con 2-3 partite in anticipo. E questo a prescindere da eventuali lifting di gennaio. Qualcosa manca se si vuole puntare a restare in lotta (ché poi è questa l'essenza del calcio), ma la base non è mai stata così “croccante”. Ma a furia di ripetere che «l'obiettivo principale resta quello di salvarsi», magari qualcuno si è convinto che sia «solo» quello l'orizzonte dei “lupi”. La classifica di oggi parla chiarissimo: 4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte. Con questa media, in proiezione, il Cosenza chiuderebbe intorno a quota 50 (punto più, punto meno) il proprio campionato. Sia chiaro: molto meglio rispetto al passato, quindi a distanza più che sufficiente dalle pericolanti, ma neanche con la certezza di poter andare oltre (playoff). Tranne nell'ultima stagione, dove questa soglia è stata sufficiente per strappare l'ultimo pass per gli spareggi-promozione, nelle annate precedenti 50 punti li ha conquistati la decima-undicesima. Un campionato da “Mi spiace, vorrei ma non posso”. Ribadiamo, sempre meglio di strisciare negli anfratti della serie B, ma con questa squadra a disposizione potrebbe essere uno spreco...

Vivere alla giornata

La verità è che il Cosenza, forse, ha smesso troppo presto di vivere alla giornata e considerare ogni gara un ostacolo a sé. E questo accade - come detto - quando l'obiettivo-base (salvezza tranquilla) diventa anche l'unico (vero) obiettivo. La mente inizia a buttar giù tabelle di marcia e le formula senza sconfinare troppo nell'entusiasmo. Per questo il punticino arrivato nelle ultime due trasferte, contro due squadre che al di là del blasone (scendesse in campo solo quello...) hanno davvero ben poco (nonostante il periodo altalenante dei rossoblù e qualche tentativo di riscossa delle liguri, il Cosenza mantiene sei punti in più dalla Samp, più avanti in classifica dei cugini spezzini) non è stato accolto come un dramma, ma il campanello d'allarme è suonato solo dopo il pari interno contro l'ultima della classe Feralpisalò.

Mai smettere di sognare: la storia del piccolo Benjamin Kohan

E dunque, dove si vuole arrivare a parare? Bisogna davvero lamentarsi della stagione del Cosenza? È il caso di mettere addirittura in discussione un tecnico come Caserta? No, assolutamente no. Niente di tutto ciò. Bisognerebbe però ricordarsi che il calcio non è solo calcoli, tabelle di marcia. Non è solo materia per accumulatori seriali di punti e obiettivi a lungo termine. Nessuno si lamenterebbe, sia chiaro (chiarissimo) di raggiungere una salvezza tranquillissima da 50 punti a fine stagione. Ma il calcio è anche quello visto con gli occhi azzurri che escono dalle orbite di un bambino argentino, Benjamin Kohan, che ha venduto la sua playstation per raggiungere Rio de Janeiro e vedere all'opera il suo Boca nella finale della Copa Libertadores, pur essendo consapevole che ciò non sarebbe stato sufficiente per acquistare un biglietto d'ingresso. E a Cosenza di Benjamin Kohan, magari un po' più attempatelli e con qualche delusione calcistica di troppo sul groppone, ce ne sono tanti. E questi “tanti” - che divorano centinaia di chilometri per vedere all'opera il Cosenza - raccontare la filastrocca della salvezza tranquilla potrebbe stare stretto: hanno seguito i loro beniamini in lungo e in largo anche quando il mare era in tempesta e la nave stava per sprofondare in serie C; oggi sono i primi a rendersi conto che la squadra della loro città «è un'altra roba» rispetto al passato; è per loro che il Cosenza deve provarci. Spegnere la lampada dei sogni troppo presto sarebbe come negare al piccolo Benjamin il biglietto per la finale Boca-Fluminense dopo che ha venduto ciò che ha di più caro.

 

 

 

 

 

Caricamento commenti

Commenta la notizia