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Cosenza, adesso Caserta è impopolare. Tocca a lui (e alla squadra) tirarsi fuori dai guai

Prima la brusca frenata nel derby di Catanzaro. Non un partita qualunque ma “la partita”. Poi la sbandata, con tanto di botto, in casa contro la derelitta Ternana (o almeno così era apparsa per un tempo la squadra di Breda), riuscita a rifilare tre gol in una ripresa troppo facile per essere vera. Il Cosenza rischia di vanificare in due mosse quanto di buono costruito nella prima parte della stagione, alimentando la schiera dei detrattori di Caserta e del suo gioco eccessivamente audace per la categoria; di quei secondi tempi in cui i rossoblù si disuniscono e le avversarie di turno prendono in mano il pallino del gioco e spadroneggiano. Due buoni motivi per metter in discussione l'allenatore di Melito? Dipende. Già, dipende da che tipo di campionato ci si attende dal Cosenza che, a onor del vero, con un mercato di livello, ha alzato l'asticella rispetto al passato. Ecco perché ci si aspetta tanto, ben oltre le dichiarazioni caute. Perché la parola salvezza resta sempre la più inflazionata, almeno “ufficialmente”. Chiaro che, al di là delle consiuderazioni di facciata, dal presidente Guarascio in giù si pensi ad altro rispetto a una permanenza tranquilla in categoria. Altrimenti lo scollamento dalla zona playoff (momentaneo? Definitivo?) non sarebbe stato accolto con questo stato d'animo. Già nella serata di ieri la macchina del dubbio (da insinuare negli addetti ai lavori) è stata avviata. Un'auto che viaggia “a fari spenti” e che torna in pista ogni qualvolta le cose non vanno. A guidarla i consiglieri (non ufficiali) del patron, sempre pronti a sussurrare all'orecchio di Guarascio, insinuando anche in lui il dubbio e cavalcando il malcontento generale. E già, perché anche agli occhi della tifoseria, oggi più che mai, Caserta sta diventando impopolare. Per le sue scelte nelle ultime due gare, in particolar modo.

Fiducia o sfiducia?

Il problema, tuttavia, non è ciò che legittimamente (o meno) pensano i sostenitori del Cosenza riguardo a Caserta o a qualsiasi giocatore in organico, ma quale atteggiamento terrà la società da qui in avanti. Tanto per spiegarsi meglio: crede (ancora) realmente in Caserta? O teme che - sulla scorta di qualche esperienza negativa del passato (il tracollo da retrocessione dell'allenatore calabrese con la Juve Stabia dopo un girone d'andata spettacolare può rappresentare un parallelismo molto sinistro) - il suo tecnico possa crollare di nuovo? Ecco, ciò che conta è la risposta reale che il presidente Guarascio dovrà necessariamente dare. E quale che sia, dovrà essere perentoria: fiducia a Caserta o sfiducia a Caserta. Senza vie di mezzo, ultimatum o convivenze forzate (come accaduto in maniera esasperata negli anni passati). Se si crede nel progetto Caserta, va difeso. Altrimenti meglio interromperla qui, senza tirarla troppo per le lunghe cominciando a fargli mancare la terra sotto ai piedi. In passato è andata così con altri tecnici come Zaffaroni o Dionigi (già di fatto sfiduciato dopo la sconfitta pesante nel derby con la Reggina, ma esonerato 20 giorni dopo), tanto per citare i due esempi più vicini nel tempo. Un ruolo determinante lo giocherà il ds Gemmi, che crede fortemente nel progetto e nell'allenatore. Sa bene che il percorso di crescita passa anche da momenti del genere e che Caserta di errori ne ha commessi. Così come è consapevole di aver allestito un organico più competitivo rispetto al passato. Ma vale davvero la pena mettere in discussione l'allenatore della squadra nona in classifica a poche giornate dal giro di boa? Ecco, questa domanda andrà posta al presidente Guarascio. E dovrà essere pretesa una risposta chiara.

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