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Cosenza, riecco la profezia che si autoavvera: Caserta dead man walking. Quel vuoto è sempre più incolmabile

Ci risiamo. Anche nell'anno che - mercato e inizio stagione alla mano - sarebbe dovuto coincidere con la riscossa, il Cosenza rischia seriamente di dover ricominciare daccapo con l'anno nuovo. A causa di una striscia molto negativa (i silani non vincono dall'11 novembre e hanno segnato due gol nelle ultime sei partite), i rossoblù sono piombati ad appena +1 dalla zona playout, vanificando quanto di buono fatto nella prima parte della stagione. Se a questo si aggiunge che l'avvio del girone di ritorno sarà da brividi (Cremonese fuori e Venezia in casa), si capisce perché urge un cambio di rotta. Il tecnico Caserta è come un dead man walking, prendendo in prestito un'espressione inglese. Ovvero un uomo che sembra avviarsi lentamente verso il proprio destino: l'esonero. Questione di giorni o, addirittura, si attenderà la prima gara utile dopo la sosta (ma se le idee sono già chiare, questa opzione non avrebbe senso, essendoci la pausa di mezzo). È già scattato, di nuovo, quello che in psicologia è conosciuto come “effetto Pigmalione”, ovvero una profezia che... si autoavvera e finisce per condizionare la persona destinataria della stessa, influenzandone il comportamento. E così, anche Caserta si è snaturato, non in nome di quell'equilibrio che era necessario ritrovare, ma per assecondare gli altrui malumori: il cambio di atteggiamento tattico (dalla difesa a 4 e le tre punte al più prudente 3-5-2) ha portato il Cosenza a continuare a non essere efficace (due punti in tre partite), perdendo definitivamente la propria identità di squadra sbarazzina e pericolosa.

A quando il casting?

Adesso sono ore di discussione in casa rossoblù, ma il dado sembra tratto. Si sussurrano nomi e prospettive. Bisoli, un cavallo di ritorno, è il profilo evocato anche da parte della tifoseria, che ha ancora in mente quanto l'ex tecnico del Sudtirol fece due stagioni or sono, assicurando al porto della salvezza una barca che sembrava ormai alla deriva. Ma un eventuale passo del genere sarebbe sintomatico della resa: il Cosenza ha bisogno di un normalizzatore e anche quest'anno si lotterà per non retrocedere. Altro che salvezza tranquilla e poi si vedrà. Perché arrivati a cavallo tra autunno e inverno, in casa rossoblù non c'è proprio nulla di tranquillo. La domanda da porsi, allora, è un'altra. Se, da sei anni a questa parte, il meccanismo s'inceppa sempre nello stesso punto, è lecito pensare che il problema vada ben oltre il rendimento dell'allenatore? Sì, è lecito. Al Cosenza manca, da sempre, una figura forte all'interno della società che arrivi dove il presidente Guarascio non può arrivare. Un “uomo di calcio” che conosca l'ambiente e sia in grado di calmare le acque quando il mare è in tempesta o di prendere decisioni di petto quando è necessario farlo senza troppi tentennamenti, rapportandosi tanto col patron (altrimenti sballottato da una parte all'altra da pareri “ufficiosi” di persone che non figurano nell'organigramma) che con il ds e la squadra. Un direttore generale di personalità e con un contratto credibile (niente annuali deboli con opzioni, promesse o formule del genere). Altrimenti, a fine 2024, il Cosenza, arrivato a questo punto della stagione, si troverà a dover rivedere i piani estivi. E il prossimo allenatore vivrà le stesse sensazioni dei vari Braglia, Occhiuzzi, Zaffaroni e Caserta, in preda all'“effetto Pigmalione”. L'ennesimo.

 

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