Sia chiaro, il Cosenza ricorrerà. Lo ha comunicato con una nota stampa dopo la mazzata del Tribunale Federale che ha tradotto il deferimento dei rossoblù (per il mancato versamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi ai mesi di aprile e maggio 2024) in una penalizzazione di 4 punti in classifica. Ergo, quanto di buono fatto dai ragazzi di Alvini è stato spazzato via dalla sentenza. E in questo gioco dell'oca, che per chi ama i colori rossoblù è più simile a una tortura, i silani si trovano nuovamente alla casella iniziale. Bisognerà ripartire proprio da quello “0”, che da virtuale (si temeva la mazzata, si sperava in un danno di entità minore) è divenuto reale.
Il re è “nudo”
A far male, ben al di là della penalizzazione, è l'aver perso quell'immacolatezza che sembrava essere l'ultimo baluardo ostentato con orgoglio dal presidente Guarascio di fronte ai detrattori più accaniti. E invece anche la foglia di fico - i conti in ordine, l'assenza di penalità, la società-modello - è scivolata via e adesso il re è nudo al cospetto di una tifoseria sempre più depressa.
L'operazione Ursino
E dire che la stagione era iniziata con ben altre aspettative dopo il solito avvio tribolato (via il ds Gemmi e il tecnico Viali), “rintuzzato” dall'operazione Ursino. L'arrivo dell'uomo dei miracoli - che con gli anni, è riuscito a regalare un paio di prestigiosissime apparizioni in A al Crotone, grazie alla capacità di scegliere giocatori giovani di grande prospettiva e allenatori molto capaci - ha illuso Cosenza e i cosentini che finalmente si erano sentiti protetti dall'arrivo di uomo di calcio vero. Il dg si è presentato anche con un biglietto da visita non male: il rinnovo di Tutino, poi ceduto alla Samp, prezioso tesoretto per il mercato. Ma è stato, a conti fatti, l'unico guizzo. Perché da lì in poi il Cosenza ha iniziato a fare una fatica tremenda dappertutto: prima il deferimento, poi la scelta di non iscrivere la prima squadra del calcio femminile al campionato di serie C, quindi la polemica con gran parte dei tifosi per il caro-biglietti, il mercato che non decolla, la precarietà in cui è stato abbandonato il settore giovanile. E, soprattutto, il solito silenzio che la presenza di una nuova figura sembrava poter scongiurare. Al momento - il campionato è ancora lungo - l'arrivo di Ursino è sembrata più un'operazione di maquillage che una scelta rivoluzionaria. Perché rispetto a quando la sedia di direttore generale non era occupata da nessuno è cambiato pochissimo. Forse nulla.
Nel nome di Alvini
E adesso? Come al solito, il tifoso del Cosenza - che nelle ultime annate ha sofferto tanto per via di campionati stentati e salvezze conquistate all'ultima preghiera - si trova a doversi arrangiare di nuovo, sperare in un finale di mercato di livello (perché adesso far punti subito è un obbligo) e, soprattutto, affidarsi ad Alvini: l'uomo che ha ereditato da Tutino il ruolo di hombre del partido. Non è un calciatore, ma ha mostrato un attaccamento inedito se si considera che ha varcato la soglia della città dai bruzi solo da pochi mesi. Parole sempre sentite ma misurate e prestazioni dignitosissime (anche quando il Cosenza è caduto a Torino in Coppa o a Mantova in campionato). Il pubblico lo ha già osannato: è lui il motivo per continuare a crederci e uscire dal tunnel della negatività in cui, di riffa o di raffa, i rossoblù riescono a piombare ogni anno, con una disarmante sistematicità. Alvini dovrà indossare i vestiti di Zaccheroni, l'uomo che centrò l'impresa della salvezza partendo da un clamoroso -9. L'impresa è meno ardua, ma dovrà gestire il contraccolpo, con la consapevolezza che l'ambiente rossoblù è tutto dalla sua parte.
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