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Le emozioni di “Familia”, Costabile: un film contro la tossicità del patriarcato. A Venezia l’opera seconda del regista calabrese

Per i critici quest'opera seconda avrebbe meritato il concorso e non la pur prestigiosa sezione Orizzonti

Una storia di riscatto e coraggio, soprattutto un messaggio fondamentale per chi crede che la violenza possa sfiorarci ma non coinvolgerci direttamente, in “Familia” di Francesco Costabile. Opera seconda del regista cosentino dopo l’acclamato “Una femmina” del 2022, racconta la vera storia di Luigi Celeste, adattando il libro “Non sarà sempre così. La mia storia di rinascita e riscatto dietro le sbarre” (Edizioni Piemme), scritto con Sara Loffredi. Una vicenda difficile persino da ascoltare, ma con un lieto fine. A detta di molti critici, il film avrebbe meritato il concorso ufficiale e non la pur prestigiosa sezione Orizzonti.

Il focus è sul dramma dei figli che assistono alla violenza domestica, situazione per la quale è stato coniato il termine giuridico di “violenza assistita”, ma anche una storia esemplare di come si possa trasformare la ferita in feritoia.

Oggi affermato esperto di sicurezza informatica, a 23 anni Luigi (Francesco De Lucia da piccolo, Francesco Gheghi da ragazzo) uccide il padre Franco (Francesco Di Leva), che ha fatto vivere lui, la madre Licia (Barbara Ronchi) e il fratello Alessandro (Stefano Valentini da piccolo, Marco Cicalese da ragazzo) in un clima di terrore costante. Il giovane viene condannato a nove anni di reclusione per omicidio volontario, scontati prima a San Vittore e poi a Opera e Bollate. Anni drammatici, che Luigi riesce però a trasformare in premessa di futuro, sulle ceneri di un passato da dimenticare, intraprendend gli studi che gli hanno consentito di realizzare il suo sogno. Significativo il titolo, perfettamente coerente con la vicenda narrata.

Come mai questa attrazione per la violenza che c’è già in “Una femmina”? «Certo - ha spiegato il regista - questi due film sono un po’ un unicum, c’è una violenza di genere, la violenza della cultura patriarcale che mostra come l'universo maschile fagociti quello femminile. Mi ha colpito la desinenza latina del termine “familia”, una parola che dovrebbe rappresentare il luogo dell’amore e dell’inclusione, ma in latino richiama il contratto di dominazione del “pater familias” con i propri servi, tra cui erano compresi anche moglie e figli. Questo è il velo di oscurità che appartiene al film ed è l’elemento che abbiamo cercato di indagare attraverso la storia di Luigi. Un tema drammatico che troviamo nella nostra quotidianità. Si tratta di un film contro la tossicità del patriarcato».

Per il regista e i co-sceneggiatori Vittorio Morioni e Adriano Chiarelli, la vera sfida è stata adottare un punto di vista narrativo forte, nella consapevolezza che il cinema è strumento di impatto sociale. «In una società come la nostra, così approssimativa e semplificata, la cronaca nera resta spesso confinata a nomi, numeri, date e morbosità. Lo abbiamo vissuto con Giulia Cecchettin e altre vittime di violenza che poi non sono mai veramente state raccontate».

La forza del libro di Celeste è invece restituire quel vissuto, entrando nella complessità della vicenda. «Il cinema ci permette di farlo – ha aggiunto Costabile – Attraverso l’immagine e la sua possibilità di fruizione individuale e collettiva: lo spettatore arriva a un’empatia e una complessità assente in quest’epoca in cui la restituzione dei fatti è sempre cronachistica, morbosa e semplificata. Obiettivo del film è infatti quello di far immergere il pubblico nella profondità dell’abisso di una famiglia che si autodistrugge».

Nel cast Tecla Insolia, Enrico Borrello e Carmelo Tedesco. Prodotto dalla palermitana Tramp Ltd, “Familia” sarà in sala con Medusa dal 2 ottobre.

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