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Cosenza, pazienti in fuga e un debito da 320 milioni per la mobilità sanitaria

Ospedale Annunziata di Cosenza
Ospedale Annunziata di Cosenza

L’“Annunziata” vive una fase di rilancio, ma i riflettori restano sempre accesi sul Pronto soccorso, modello esemplare di una sanità malata che non sempre riesce a fornire risposte adeguate ai bisogni dei cittadini. Tanti, troppi ancora gli accessi quotidiani nel reparto che costituisce la “prima linea” dell’Annunziata.

Un pellegrinaggio ininterrotto che finisce per pesare poi sul lavoro dei sanitari. Un disastro innescato da un servizio di medicina del territorio che resta una promessa riciclata a ogni cambio di stagione e beffa puntuale lasciata sulle spalle dei manager di turno perennemente impegnati nell’inutile tentativo di chiudere le falle in una rete colabrodo.

Uno scenario assai controverso che costringe, inevitabilmente, a vigilare sulle antiche ruggini delle liste d’attesa e del fenomeno della migrazione sanitaria. E proprio quella che nei bilanci delle Asp viene etichettata come mobilità passiva è il buco nero del sistema sanitario locale. Più che pazienti che si spostano alla ricerca di assistenza e cure o di semplici rassicurazioni sulle proprie condizioni di salute, la mobilità è la sommatoria dei diagrammi di flussi di spesa che si determinano proprio attraverso lo spostamento di pazienti da un’Azienda all’altra di una stessa regione o verso strutture di altre regioni.

La Calabria, purtroppo, è messa male con poco meno di 320 milioni di euro di spesa per compensare le prestazioni erogate da altre regioni per i pazienti calabresi. Uno su sei sceglie un ospedale del Nord. Un impatto economico e sociale che, indubbiamente, costituisce una delle maggiori criticità per questa nostra terra.

La gente si mette in viaggio soprattutto per le patologie tumorali. Al tavolo del confronto sulla migrazione sanitaria, Abonante ha portato i risultati della senologia, la sua specialità. In sette anni, dal 2010 al 2017, il reparto dell’“Annunziata” di Chirurgia Senologica, da lui diretto, ha trattato 3.246 casi, di cui ben 1.531 di origine maligna. Un impegno che ora prosegue in sinergia con la sanità privata. I dati ufficiali sulla migrazione per la chirurgia senologica sono fermi al 2011-2012, quindi poco significativi.

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