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Terremoti nel Cosentino, le paure nascoste nella Fossa del Tirreno

L'inquietudine si nasconde nelle profondità del Mare Nostrum. Un'intera area geologica in mezzo a una crisi sismica. Calabria e Sicilia rappresentano l'epicentro di queste tensioni generate dalla fessura che segna il confine tra la placca dell'Europa e dell'Asia, che spinge da Nord, e quella africana, che preme da sud. Lì, nella Fossa del Tirreno, una depressione che s'inabissa fino a 3.800 metri, la crosta terrestre continua a deformarsi, compressa tra le due spinte. Forze impressionanti capaci di fratturare le faglie. Affiorano così quei sussulti che generano ansia in superficie.

Scosse in quota e nelle profondità marine. Collassa lentamente la terra sotto i nostri piedi e alimenta paure in questa grande area che rimane sotto osservazione da parte degli esperti. È proprio da queste rocce che, in profondità, scivolano le une sulle altre che gli scienziati temono possa sprigionarsi energia potente e distruttiva. Gli studiosi seguono con attenzione la sequenza che da venerdì mattina scuote la costa e mezzo Cosentino. Ogni volta quel brontolio precede il movimento improvviso che mette ansia, pochi secondi di paura, poi, di nuovo la calma. Da quelle parti, si va avanti così, nell'attesa di una tregua sismica.

Si guarda in superficie ma anche nelle profondità del mare. Da anni tutta l'area è sotto osservazione per decifrare i movimenti di quel pezzo di crosta terrestre particolarmente irrequieto. Quella è zona di vulcani sottomarini. C'è il Marsili, un gigante in sonno, e, poco più sopra, c'è il Palinuro, i più importanti complessi di un sistema vulcanico che è una specie di mondo sommerso ancora tutto o quasi da scoprire. Sul Marsili si ha qualche notizia in più grazie a uno studio del Cnr che lo ha classificato come vulcano attivo alto più di 3 chilometri e lungo 65. Sui fianchi sono rimaste le tracce di collassi di materiale, che generano i maremoti.

Ma in fondo a quelle acque si sta consumando un altro fenomeno di geodinamica: i movimenti di un antico oceano, il Tetide, sarebbero all'origine di questa sequenza sismica spalmata nel tempo. Un oceano che sopravvive nel Mar Ionio e si piega sotto la Calabria per sprofondare, poi, nel Mar Tirreno, generando gli scuotimenti.

Un movimento che segue quello di subduzione delle due placche. «Tetide sprofonda sotto il mantello terrestre e si piega sotto la costa della Calabria, del Cilento e della Sicilia, dando luogo a un'attività sismica profonda», ha spiegato Alessandro Amato, sismologo dell'Ingv.

La collisioni tra le due placche ha generato in migliaia di anni vulcani sottomarini che finiscono per formare archi insulari. Indagini recenti hanno portato alla scoperta di uno dei più grandi complessi vulcanici che giace nei fondali italiani. Un gruppo di edifici che si sarebbero sviluppati a soli 15 km dalla costa tirrenica calabrese lungo una faglia della crosta terreste. Sono stati i ricercatori dell'Ingv a scovarli, illustrando i siti in uno studio selezionato come research spotlight del mese di settembre della rivista “EOS - Earth & Space Science News”.

Il complesso vulcanico, costituito dai vulcani Diamante, Enotrio e Ovidio, si sarebbe formato negli ultimi 780 mila anni. L'analisi dei dati (raccolti attraverso diverse tecniche geofisiche: batimetria sonar multibeam, sismica a riflessione, anomalie magnetiche e tomografia sismica) ha messo in evidenza la presenza di un'ampia area caratterizzata da numerosi corpi magmatici solidificati a diverse profondità che risalgono fino al fondale marino formando edifici vulcanici. «Nel Mar Tirreno orientale - ricordano dall'Ingv - la formazione di catene di vulcani situate vicino al bordo della placca adriatico-ionica sembra essere associata alla risalita di magma causata dal flusso di materiale proveniente dal mantello, indotta proprio dalla subduzione. Lo studio mette in luce i processi magmatici che si verificano lungo i bordi degli “slab” influendo sui geo-rischi ad essi associati, ad oggi non ancora ampiamente documentati».

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